Un 2022 di sorprese al Museo di San Marco. Il bilancio di un anno bellissimo

In questo inizio di 2023, mentre fervono i preparativi per l’imminente festa del Beato Angelico, il 18 febbraio, e per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla canonizzazione di Antonino Pierozzi, in autunno, ci piace ripercorrere le numerose e importanti iniziative – editoriali, curatoriali, espositive e di valorizzazione –  del 2022 a San Marco.

Cominciamo dalle novità editoriali, che spesso sono l’esito di un percorso di ricerca innescato da restauri e nuove indagini conoscitive. La prima, in ordine di tempo, è il volume La Pala di San Marco del Beato Angelico: restauro e ricerche, a cura di Cecilia Frosinini, che raccoglie i risultati del progetto di ricerca e conservazione che ha avuto per oggetto la grandiosa Sacra Conversazione angelichiana. Un restauro lungo e complesso, considerato il pessimo stato di conservazione in cui versava una delle prime pale “quadre” del Rinascimento, curato dall’Opificio delle Pietre Dure, che oggi ci permette di avere il miglior risultato possibile di come poteva apparire la Pala nel coro della basilica di San Marco, quando vi fu collocata intorno al 1440.

 La seconda è la pubblicazione del Quaderno n. 3 del Museo di San Marco, Il Giudizio Universale restaurato di Beato Angelico, a cura di Marilena Tamassia, che conclude una proficua collaborazione tra pubblico e privato, nella conservazione di uno dei dipinti più affascinanti del primo Rinascimento fiorentino. Il restauro, realizzato da Lucia Biondi, è stato infatti reso possibile grazie al finanziamento del Rotary Club Firenze Certosa e altri club associati, ed è terminato nell’ottobre del 2019, in occasione dei centocinquant’anni dall’istituzione del Museo di San Marco.

La terza pubblicazione è Fra Girolamo Savonarola nel Museo di San Marco. Il busto inedito in terracotta dipinta e il nuovo allestimento, a cura di Angelo Tartuferi, dedicata allo sconvolgente ritratto del Priore domenicano. Unico esemplare a tutto tondo di epoca rinascimentale sin qui conosciuto, attribuito a fra Mattia Della Robbia, il ritratto spariglia l’iconografia di Savonarola visto di profilo, attestata fino alla metà dell’Ottocento. «Per la prima volta possiamo guardare il volto di Savonarola a distanza ravvicinata – ha osservato l’arcivescovo di Firenze, cardinal Giuseppe Betori, il giorno della presentazione –  bisogna chiedersi se saremo all’altezza delle domande che ancora ci pone». Nel volume, Quaderno n. 4 della collana del Museo di San Marco, viene anche raccontata le genesi del progetto di riallestimento delle “Celle del Savonarola”.

Sul versante della valorizzazione, diverse e molto apprezzate sono state le due conferenze di Gerardo de Simone e quella di Marco Cianchi, immersioni totali dentro la pittura di Beato Angelico e la sua fortuna storica e figurativa, perfino oltreoceano se si pensa all’influenza decisiva che ebbe su Mark Rothko.

Grande apprezzamento di pubblico hanno avuto anche i due reading a cura dell’Associazione C.A.U. nel Chiostro di San Domenico.  Uno a maggio su testo di Vincenzo Arnone, Gentilissima mia signora madre, lettere di Girolamo Savonarola alla madre, un ulteriore ritratto inedito del Priore, fragile e umano come non l’avremmo mai immaginato. L’altra a ottobre, in occasione della quinta edizione dell’Eredità delle Donne, Sangue e fuoco. Dalle lettere di Caterina da Siena. Due domenicani illustri, due riformatori inesausti, da riscoprire non solo sul piano teologico e politico, ma anche sul piano squisitamente letterario della scrittura.

E veniamo ai nuovi allestimenti, corpo e anima della vita di un museo, cartina di tornasole dei cambiamenti del gusto e dei giri di fortuna degli artisti di una collezione. A parte quello del Quartiere di Savonarola, di cui si è molto scritto anche su questo blog, il nuovo e atteso allestimento del Refettorio piccolo, oltre a restituirci la fruizione dell’intera sala e la piena visibilità del Cenacolo di Ghirlandaio, grazie a un’illuminazione aggiornata dell’affresco, ha riconsegnato al pubblico tre importanti dipinti, liberandoli dal lungo “sonno” in cui erano immersi nei depositi del Museo.

La posizione centrale, fra i tre, è conquistata dal maestoso ritratto di San Marco Evangelista che, dall’interno di una nicchia classicistica, reggendo il suo Vangelo, si staglia, con vigore scultoreo e sguardo accigliato, tra l’Orazione nell’orto di Filippo Tarchiani (Firenze, 1576 – 1645) e il Sant’Agostino benedicente in trono di Ridolfo del Ghirlandaio (Firenze, 1483-1561).

La tela con San Marco è una magnifica copia seicentesca della tavola che Fra Bartolomeo (Prato, 1472- Firenze, 1517) di ritorno a Firenze da Roma, dove aveva tentato la fortuna alla corte papale, come molti altri artisti in quel momento di restaurazione medicea, aveva realizzato per l’altare di una delle cappelle del coro della basilica di San Marco. L’originale si trova a Palazzo Pitti dal 1816, dopo varie traversie tra cui un rocambolesco trasferimento a Parigi nel 1799 (doveva entrare nel grande Louvre), che lo danneggiò e ne obbligò il trasporto su tela; mentre la copia esposta a San Marco si deve a Antonio Franchi, detto il Lucchese (Villa Basilica 1634 – Firenze 1708).

Antonio Franchi (detto il Lucchese), San Marco Evangelista, copia dall’originale di Fra Bartolomeo, Refettorio piccolo, Museo di San Marco

La copia dell’Evangelista, giunta a San Marco dal 1868, un anno prima dell’istituzione del Museo, fu commissionata ad Antonio Franchi allorché il gran principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III, volle la tavola di Fra Bartolomeo per la propria collezione in Palazzo Pitti.

Così descrive la vicenda Francesco Saverio Baldinucci nel capitolo “Vita del pittore Antonio Franchi” del suo Vite di artisti dei secoli XVII e XVIII: «Occorse poi in questo tempo che, invogliato lo stesso Serenissimo Principe del bellissimo e famosissimo quadro del San Marco, di mano del Frate, che posto nella Chiesa di San Maro di questa città, volle comperarlo per riporlo nella Regia sua Galleria – come seguì – con lasciarne una diligentissima copia fatta dal nostro Antonio, prescelto tra tutti i fiorentini pittori: il quale fecela con tanta squisita imitazione che pare, in verità, lo stesso originale, avendo espresso in essa la bravura non tanto dell’invenzione, ma eziandio tutta la forza e vaghezza del suo colorito».

Antonio Franchi (detto il Lucchese), San Marco Evangelista, dettaglio piede

La monumentalità della figura dell’Evangelista è inedita nella Firenze del 1515 e si deve alla profonda impressione che suscitò in Fra Bartolomeo l’incontro con la grandiosa arte romana di Raffaello e Michelangelo. Il soggiorno romano, compiuto con il fedele collaboratore Mariotto Albertinelli, durò meno di un anno, tra il 1514 e il 1515. Non è da escludere che l’artista si sentisse sopraffatto da quanto si stava realizzando nella scena artistica romana, come un vecchio Salieri al cospetto di giovani e geniali Mozart. Eppure la critica, passata e presente, non manca di sottolineare le affinità evidenti tra quest’opera tarda di Fra Bartolomeo e l’Isaia di Raffaello nella Basilica di Sant’Agostino, così come il debito con il Mosè di Michelangelo in San Pietro in Vincoli (vedi anche Serena Padovani in una conferenza su Fra Bartolomeo tenuta al Museo di San Marco nel 2017).

A sinistra del San Marco del Lucchese, una grande tela di Filippo Tarchiani (Firenze, 1576 – 1645) rischiara la parete. Si tratta di un’imponente Orazione nell’orto. Ma chi era Filippo Tarchiani? Contrariamente a molti pittori fiorentini della sua generazione Tarchiani non gode di una biografia nelle “Notizie” di Baldinucci, dove è citato di sfuggita nella vita di Giovanni da San Giovanni e tra gli allievi di Gregorio Pagani, insieme al fratello Andrea, artista pure lui. Pressoché ignorato dalla letteratura artistica settecentesca, il suo nome non trova spazio nemmeno nelle guide cittadine e del territorio, dove pure lavorò moltissimo. Quando segnalati, i suoi dipinti sono spesso riferiti ad artisti a lui vicini. La ricostruzione del suo percorso artistico si deve agli studi sul Seicento fiorentino della seconda metà del Novecento, in particolare di Mina Gregori e, in seguito, di Claudio Pizzorusso, in occasione della grande mostra su Il Seicento fiorentino a Palazzo Strozzi del 1986. Sebbene il catalogo di Tarchiani sia ancora lacunoso, nuove opere gli sono state di recente attribuite, e l’artista ha trovato finalmente una collocazione degna tra i pittori della sua generazione, sia tra gli interpreti della corrente purista, sia tra quei pochi che seppero recepire il luminismo caravaggesco.

Filippo Tarchiani, Orazione nell’orto, Refettorio piccolo, Museo di San Marco

Oggi il Museo San Marco gli rende merito esponendo di nuovo al pubblico, dopo oltre venticinque anni di “riposo” nei depositi, uno dei suoi dipinti più ispirati. Il quadro proviene da una cappella del convento di monache domenicane di San Domenico del Maglio, che fu prima sotto la giurisdizione del priore di San Marco e poi, dopo che nel 1567 Papa Pio V vi impose la clausura, fu posto sotto il controllo dell’arcivescovo di Firenze, per poi essere soppresso nel 1866, e giunse a San Marco nel 1907. Al centro della scena, campeggia Gesù in preghiera, inginocchiato su una roccia, rivolto verso l’angelo circonfuso di luce che gli porge il calice. Sullo sfondo, in lontananza, un manipolo di soldati, con Giuda in testa, avanza verso il Cristo. In basso, in primo piano, gli apostoli Pietro Giacomo e Giovanni, addormentati, sono resi con brani splendidi di pittura, nelle teste arruffate e nelle pieghe morbide delle vesti. Subito dopo l’apprendistato presso Agostino Ciampelli, in contatto con i pittori riformati fiorentini eredi di Santi di Tito, Tarchiani seguì il padre a Roma. Qui frequentò i tardomanieristi riformati come Giovanni e Cherubino Alberti, Niccolò Circignani e Cristoforo Roncalli. Tornato a Firenze si immatricolò all’Accademia delle arti del disegno e completò la propria formazione nella bottega di Pagani, già conosciuto a fianco di Ciampelli. Sempre a Firenze ricevette alcuni incarichi di rilievo tramite Jacopo da Empoli. Proprio dall’Empoli Tarchiani derivò la stesura pittorica pastosa, fatta di campiture compatte e naturali, un descrittivismo tutt’altro che esornativo, l’attenzione per i chiaroscuri e l’uso drammatico della luce. «Il dipinto di San Marco – scrive Rosanna Caterina Proto Pisani – è databile al 1615 circa, ed è strettamente legato all’Empoli, come appare nelle figure degli Apostoli. Il Tarchiani modificò quindi il suo percorso mettendo a frutto l’esperienza romana e l’arrivo a Firenze di artisti che portavano le novità caravaggesche, per abbandonarsi, dopo il 1630, a un progressivo ammorbidimento dei paesaggi chiaroscurali e dei panneggi».

Filippo Tarchiani, Orazione nell’orto, dettaglio Pietro dormiente
Filippo Tarchiani, Orazione nell’orto, dettaglio Giovanni dormiente

L’ultimo dipinto si trova sulla porta che dal Refettorio piccolo dà accesso alle scale che conducono al primo piano del Museo. È una tavola a olio, centinata, di notevole qualità formale, raffigurante Sant’Agostino benedicente in trono, attribuita a Ridolfo Bigordi, detto Ridolfo del Ghirlandaio (Firenze, 1483-1561).

Ridolfo del Ghirlandaio, Sant’Agostino benedicente, Refettorio piccolo, Museo di San Marco

Il Santo è ritratto in abiti vescovili con un ampio piviale verde smeraldo da cui emerge la veste monacale nera agostiniana; nella mano regge un libro e, contemporaneamente, il pastorale; in testa ha una mitra decorata con gemme e pietre preziose. Il trono su cui siede, inserito in una nicchia resa con singolare realismo prospettico, è sorretto da due figure scolpite nel marmo, una visibile a sinistra, l’altra in ombra, di misteriosa identificazione: allegorie religiose o mitologiche? La tavola proviene dalla Chiesa di Orsanmichele.

Ridolfo del Ghirlandaio, Sant’Agostino benedicente, dettaglio

Ridolfo, come è noto, era figlio di Domenico Ghirlandaio, l’autore dell’Ultima Cena. Padre e figlio si ritrovano, così, nella stessa sala, alla stessa mensa, accostati e in ideale dialogo tra loro.

La scelta di esporre questa tavola con Sant’Agostino, però, non risponde solo alla volontà sentimentale di riavvicinare i due artisti (Ridolfo perse il padre Domenico che aveva solo undici anni, nel 1494, e andò a vivere presso lo zio David, artista anche lui), ma ha almeno due ragioni espositive più stringenti. La prima riguarda l’importanza della figura di Sant’Agostino nella vita dei domenicani. La regola di Agostino di Ippona, derivante da diversi scritti, era pensata non tanto per fondare un ordine monastico, quanto per organizzare la vita religiosa di un gruppo di uomini che una direttiva l’avevano richiesta e a cui Agostino rispose sotto forma di lettera. La regola, usata durante il Medioevo dalle autorità ecclesiastiche per disciplinare la vita dei chierici e strutturarla in comunità religiose, fu adottata anche dall’Ordine dei Domenicani.

La seconda ragione espositiva attiene alla formazione di Ridolfo del Ghirlandaio: come ci tramanda Vasari, che lo conosceva bene, il giovane fece «buona pratica nella pittura sotto fra’ Bartolomeo di San Marco». Ridolfo, dunque, oltre a esercitarsi sui cartoni di Michelangelo e di Leonardo a Palazzo Vecchio, oltre a copiare gli affreschi di Masaccio nella cappella Brancacci al Carmine, si formò nella Scuola di San Marco, sotto l’alto magistero di Fra Bartolomeo. Proprio nella Sala del Refettorio grande, dove sono radunati gli artisti più rappresentativi di questa Scuola (Fra Paolino, Giovanni Antonio Sogliani, Suor Plautilla Nelli e altri), trova posto anche un’altra opera di Ridolfo del Ghirlandaio, proveniente dal Convento di Sant’Orsola in Cafaggio: la Madonna della cintola con i Santi Francesco, Giovanni Battista, Orsola e Elisabetta d’Ungheria.

Ridolfo del Ghirlandaio, Madonna della cintola con i Santi Francesco, Giovanni Battista, Orsola e Elisabetta d’Ungheria, Refettorio grande, Museo di San Marco

La Scuola di San Marco si arricchisce di altre opere fondamentali, con il trasferimento nella Sala del Lavabo, vestibolo del Refettorio grande, di tre lunette di Plautilla Nelli (Firenze, 1524-1588) dal Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto. Così, oggi, il Museo di San Marco vanta la più importante collezione di opere pittoriche di Suor Plautilla, monaca domenicana e prima pittrice della storia dell’arte fiorentina. Provenienti dal Convento di Santa Caterina in Cafaggio, attribuiti all’artista e alla sua bottega, si tratta di tre grandi dipinti su tavola: la Crocifissione, commissionata da Arcangela Viola, priora del convento, che volle vi fosse raffigurata una sua visione mistica, con il Crocifisso fra i simboli della Passione; La Vergine consegna il rosario a San Domenico, tipico soggetto domenicano; e un meno consueto Santa Caterina riceve la visione di Cristo, che si riferisce all’episodio delle stimmate della santa senese. Il grande fascio di luce nel cielo, in quest’ultima lunetta, è stato riscoperto grazie al recente restauro curato da Rossella Lari per conto di AWA (Advancing Women Artists), come del resto tutto il corpus pittorico di Plautilla Nelli, che deve alla magnifica ossessione di Jane Fortune per la pittrice, il suo recente recupero.

Suor Plautilla Nelli, Crocifisso con i simboli della Passione, Sala del Lavabo, Museo di San Marco

Entrata a quattordici anni nel convento savonaroliano di Santa Caterina in Cafaggio di piazza San Marco, ne divenne priora per tre volte e vi avviò una fiorente bottega d’arte. Così Vasari nelle Vite: «Avrebbe fatto cose meravigliose se, come fanno gli uomini, avesse avuto commodo di studiare et attendere al disegno e ritrarre cose vive e naturali», e più avanti, a proposito della produttività della sua bottega conventuale: «sono per le case de’ gentiluomini di Firenze tanti suoi quadri che troppo sarei lungo a volere di tutti ragionare».

Suor Palutilla Nelli, La Vergine consegna il rosario a San Domenico, Sala del Lavabo, Museo di San Marco
Suor Plautilla Nelli, Santa Caterina da Siena riceve la visione di Cristo, Sala del Lavabo, Museo di San Marco

Da Fra Paolino da Pistoia ricevette circa cinquecento disegni di Fra Bartolomeo, sui quali da autodidatta si esercitò e formò. La sua produzione si inserisce nella più tarda evoluzione della Scuola di San Marco, unendo ad un classicismo naïf vaghi echi manieristi e un sentimento commosso del tutto personale. Cosciente del suo ruolo atipico di donna artista, nell’Ultima Cena, oggi a Santa Maria Novella, si firmò: S. PLAUTILLA ORATE PRO PICTORA.

A completamento del catalogo pittorico della Nelli, nel Refettorio grande è esposta la sua opera più celebre, la pala d’altare con il Compianto sul Cristo morto, dal Convento di Santa Caterina, “molto lodata” dai contemporanei, come annota Vasari. Se la composizione deriva, ampliata con nuove figure, dalla Pietà di Fra Bartolomeo oggi a Palazzo Pitti e il paesaggio pare ispirarsi ai modelli di Andrea del Sarto e Perugino, è proprio di Plautilla il senso di pathos devoto, accentuato dagli occhi arrossati e dalle lacrime di alcune figure e l’ispirazione alla religiosità riformata di Savonarola.

Un anno ricchissimo, il 2022. Ancora più ricco di sorprese e novità si preannuncia questo 2023. Noi saremo sempre felici di darvene conto su questo blog e i nostri canali social.

Suor Plautilla Nelli, Compianto sul Cristo morto, Refettorio grande, Museo di San Marco

Carmelo Argentieri

Per saperne di più:

Francesco Saverio Baldinucci, Vite di artisti dei secoli XVII e XVIII (Anna Matteoli a cura di) Editore De Luca, 1975

Rosanna Caterina Proto Pisani, Il ciclo affrescato del primo chiostro di San Marco: una galleria delle pittura fiorentina del Seicento, in La chiesa e il convento di San Marco (vol. secondo), Cassa di Risparmio di Firenze, 1990

Serena Padovani (a cura di), L’età di Savonarola. Fra’ Bartolomeo e la Scuola di San Marco, Marsilio, 1996

Albert J. Elen Chris Fischer, Fra Bartolomeo. The Divine Ranaissance, Museum Boijmans, Rotterdam, 2016

Fausta Navarro (a cura di), Arte e devozione sulle orme di Savonarola. Plautilla Nelli, Sillabe, 2017

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...