Infine, è giunto il momento di mettere a riposo lo splendido codice che rappresenta la testimonianza più antica dell’attività miniatoria dell’Angelico, realizzato per il convento di San Domenico a Fiesole, tra il 1424 e il 1430, poi pervenuto al Museo di San Marco nel 1869 (inv. San Marco e Cenacoli, n. 558). I visitatori hanno avuto modo di ammirarlo per circa un anno, temporaneamente esposto in una vetrina della Biblioteca di Michelozzo, in occasione del nuovo allestimento, insieme ai codici francescani di varia provenienza che rimarranno ancora per un po’ in bella mostra.
Il nostro “fiore all’occhiello” è stato ricollocato nel suo abituale luogo di conservazione, negli armadi della contigua Sala Greca, dove vengono custoditi gli oltre cento manoscritti miniati del Museo, per essere via via studiati e mostrati al pubblico necessariamente a rotazione, per problemi di spazio, ma soprattutto di conservazione.
Il codice che abbiamo scelto questa volta (inv. 1890, n. 10075) e che è andato a sostituire il precedente, è un manoscritto membranaceo del XV secolo, databile tra il 1419 e il 1426, realizzato per la pieve di San Pietro in Mercato presso Montespertoli.
Sulla pieve aveva il patronato la famiglia Machiavelli che lo commissionò, così come si evince dallo stemma della famiglia miniato più volte all’interno (c. 9 r, c. 180 r, c. 200 v): scudo di bianco alla croce azzurra con quattro chiodi azzurri all’incrocio dei bracci.

Il patronato fu confermato alla famiglia nel 1426, mentre successivamente dovette condividerlo con i Capitani di Parte Guelfa. Il codice è uno dei cinque provenienti dalla Collezione Corsini che, resi noti da Pietro Toesca nel 1917, furono acquistati dallo Stato e assegnati al Museo di San Marco nel 2000. Quello attualmente esposto giunse alla famiglia probabilmente con l’eredità della marchesa Maddalena Corsini, nata Machiavelli.
Il manoscritto membranaceo, di piccole dimensioni, si presenta assai prezioso: i fogli di pergamena sono sottili, levigati e bianchi, la qualità calligrafica è alta, pregevole la legatura e raffinate le miniature che evidenziano la mano di due diversi artisti. La legatura è databile alla fine del XV secolo e presenta due piatti in legno rivestiti di cuoio con impressi motivi a losanga e a catena di anfore, il piatto anteriore ha due chiodi di chiusura e quello posteriore due bindelle di restauro con fornimenti moderni in ottone.

È aperto alla carta che mostra la ricca miniatura a tutta pagina con Crocifissione databile al 1419 circa e attribuita a Francesco d’Antonio (Firenze 1394 – documentato fino al 1433). Seguace di Lorenzo Monaco nella sua attività iniziale, l’artista presenta uno stile connotato da un’espressività efficace che qui emerge ad esempio nella gestualità drammatica della Vergine che si volta avvolgendosi nel mantello a distogliere lo sguardo dolente dal Figlio suppliziato. L’opera si colloca quindi nella cerchia del camaldolese dove ebbe la sua prima formazione anche il Beato Angelico. In seguito, l’artista non mancò di recepire suggestioni da Masolino e da Masaccio. L’attribuzione, che non trova tutta la critica concorde (contrari Kanter e Scudieri), si basa essenzialmente sul confronto stilistico con gli affreschi firmati da Francesco nella controfacciata della chiesa di San Francesco a Figline (Longhi, Paolucci, Tartuferi).

La scena è incorniciata da una decorazione geometrica costituita da losanghe rosse e blu e da un motivo diamantato verde. Lo sfondo è in foglia d’oro brunita. Le figure, eseguite in punta di pennello con tratti fitti e sottili, sono realizzate con tutti i crismi dell’arte maggiore, secondo una tecnica che pare suggerire una pittura su tavola trasferita direttamente nella pagina di un codice.
Sul margine inferiore della pagina è tratteggiato a penna con inchiostro bruno e leggero chiaroscuro ad acquerello, uno scheletro: memento mori evocante la morte di Adamo e la sconfitta del peccato originale grazie al sacrificio di Cristo. Questa immagine fu aggiunta da mano diversa, forse dall’artista che eseguì le altre illustrazioni.
Il codice contiene una nota del calligrafo (c. 179 r) che dichiara di aver terminato la trascrizione del testo il primo di marzo 1418, quindi il 1419 secondo lo stile moderno di datazione. Intorno a questa data dovrebbe risalire la miniatura a tutta pagina. Entro il 1426 furono probabilmente realizzati anche i ricchi fregi fitomorfici e le numerose iniziali filigranate (7492) o decorate (57), nonché quelle figurate (5) collocate all’inizio delle festività più importanti, che celebrano santi particolarmente venerati. Questi interventi vengono riconosciuti dalla critica a Battista di Biagio Sanguigni (Firenze 1393-1451).



Il codice, restaurato nel 2002 poco dopo l’acquisizione, si presenta in buono stato conservativo ed è stato esposto in occasione di due importanti mostre:
Miniatura del ‘400 a San Marco. Dalle suggestioni avignonesi all’ambiente dell’Angelico. Firenze, Museo di San Marco 2003
Lorenzo Monaco. Dalla tradizione giottesca al Rinascimento. Firenze, Galleria dell’Accademia 2006
Laura Pellegrini
Per saperne di più
Toesca, P., Manoscritti miniati della biblioteca del principe Corsini a Firenze in
‘Rassegna d’Arte’, XVII, 1917, pp. 125-126, fig. 8
Longhi, R., Fatti di Masolino e di Masaccio, in ‘Critica d’arte’, 1940, p. 186 nota 24
Paolucci, A., L’età di Masaccio. Il primo Quattrocento a Firenze, a cura di L. Berti / A. Paolucci,1990, p. 234
Kanter, L.B., in Italian Paintings in the Museum of Fine Arts Boston v. I, 1994, p. 308 nota 2
Tartuferi, A., Nota breve su Francesco d’Antonio, in ‘Scritti per l’Istituto Germanico di Storia dell’Arte di Firenze’, 1997, pp. 87-94
Scudieri, M., in Acquisizioni e donazioni 1999-2000: archeologia, arte orientale, arte dal Medioevo al Novecento, Architettura, (a cura di L. D’Agostino), 2002, pp. 76-79
Scudieri, M., in Miniatura del ‘400 a San Marco. Dalle suggestioni avignonesi all’ambiente dell’Angelico, 2003, pp. 52-57
Tartuferi, A. in Lorenzo Monaco: dalla tradizione giottesca al Rinascimento, a cura di A. Tartuferi / D. Parenti, 2006, pp. 304-305
Tartuferi, A., Francesco d’Antonio a Figline Valdarno (e altrove), 2012, pp. 14, 41 cat. 15