Fino al 5 gennaio 2018, presso la Biblioteca Medicea Laurenziana, è visitabile la mostra “Leonardo Bruni. L’Umanesimo a Firenze”, a cura di Paolo Viti, la prima dedicata al grande umanista, che fu politico, scrittore, storico, latinista e grecista. Aretino di nascita e fiorentino per cittadinanza, il Bruni (1370/74-1444) fu prima al servizio dei papi e poi, per quasi vent’anni, cancelliere della Repubblica di Firenze, celebrato, infine, nel raffinato monumento funebre scolpito dal Rosselino in Santa Croce: “dopo la morte di Leonardo, la Storia è in lutto, l’Eloquenza è ammutolita, e si dice che tutte le Muse, greche e latine, non abbiano potuto trattenere il pianto”. Leonardo Bruni e il mondo di San Marco, anche se non vi fu un vero e proprio rapporto diretto, fanno parte della stessa grande storia: l’Umanesimo fiorentino. E si scorgono numerosi punti di contatto.
La Biblioteca di San Marco e Coluccio Salutati
C’è un luogo a San Marco che più di ogni altro rappresenta gli ideali dell’Umanesimo fiorentino: la Biblioteca monumentale voluta da Cosimo il Vecchio de’ Medici e costruita dall’architetto Michelozzo, per conservare e rendere fruibile il grande patrimonio librario, raccolto in gran parte dall’umanista Niccolò Niccoli e poi acquistato dallo stesso Cosimo. La biblioteca di San Marco, aperta a laici e religiosi, ovvero “pubblica”, dotata dei migliori testi dei più grandi autori greci e latini, cristiani e classici, rappresentava la realizzazione del sogno di Coluccio Salutati (1331-1406), padre dell’Umanesimo italiano, che auspicava la nascita di biblioteche pubbliche dove dedicarsi agli “studia humanitatis”. Coluccio, erede degli ideali classicisti di Petrarca, nel “circolo di Santo Spirito” fu il maestro di una nuova generazione di umanisti, tra cui spiccano Roberto de’ Rossi, Palla Strozzi (poi rivale, con gli Albizzi, di Cosimo de’ Medici), Iacopo Angeli, Poggio Bracciolini, Niccolò Niccoli e Leonardo Bruni. Ad essi si unì, nel monastero di Santa Maria degli Angeli, il camaldolese Ambrogio Traversari, umanista e teologo, che contribuì alla riscoperta dei Padri greci.

Leonardo Bruni e Niccolò Niccoli
Niccoli e Bruni, quasi coetanei, condivisero il discepolato presso il Salutati e un’amicizia filiale con lui, nonché l’amore per la lingua greca, insegnata a Firenze da Manuele Crisolora (maestro del Bruni). Se Niccolò Niccoli, da intransigente classicista (vedi i Dialogi ad Petrum Paulum Histrum del Bruni), appare come uno strenuo sostenitore della superiorità degli autori antichi, il Bruni include tra gli exempla umanistici anche Petrarca (principalmente), Boccaccio e persino Dante (a Petrarca e Dante dedicò due Vite). Se il Niccoli si connota come un classicista puro, grammatico e filologo, collezionista e meticoloso copista di codici, a Leonardo Bruni (che fu un grande traduttore dal greco al latino, ma non era un copista e si affidava al Niccoli per le questioni filologiche) si deve l’esaltazione del valore civile degli studi umanistici, concepiti come fondamento dell’educazione del cittadino alla vita pubblica e alla libertas (non a caso, come il maestro Salutati, fu a lungo cancelliere della Repubblica fiorentina). Leonardo Bruni, sulla scia del Salutati, è considerato il maggiore esponente del cosiddetto “Umanesimo civile”, nutrito di ciceronismo e arricchito dal pensiero degli autori greci (si pensi, ad esempio, alle sue traduzioni del De tyrannis di Senofonte, dell’Etica Nicomachea e della Politica di Aristotele, che ebbero larga diffusione in Europa).
Il legame tra il Bruni e il Niccoli, testimoniato da sinceri scambi epistolari (memorabile la lettera del Bruni al Niccoli in morte del Salutati), si spezzò clamorosamente attorno al 1419 con un’asprissima polemica (forse, per gelosie personali), come mostrano, fra gli scritti del Bruni, l’Epistolario, l’Invectiva in nebulonem maledicum e il Carmen, in cui si dà del Niccoli, del suo carattere e della sua famiglia, una rappresentazione caricaturalmente negativa. La pace tra i due, auspice l’umanista e politico veneziano Francesco Barbaro, si ricompose nel 1427.
Leonardo Bruni (“domino Leonardo Francisci Aretino” e “eloquentissimo viro domino Leonardo Francisci Bruni de Aretio civi ac cancellario et advocato Florentino”) compare poi fra gli esecutori delle ultime volontà del Niccoli, che in due successivi testamenti (1430 e 1437) affidava ad un gruppo di illustri conoscenti il suo patrimonio librario, perché non fosse disperso e potesse essere consultato pubblicamente in una biblioteca (“omnibus civibus studiosis usui”). Con atto del 1441, i codici del Niccoli (circa 800) furono poi acquistati da Cosimo de’ Medici che, contestualmente, si impegnava a pagare i debiti che il Niccoli aveva contratto in vita (per lo più, per l’acquisto di libri). Per ospitare la collezione del Niccoli, divenuta medicea, Cosimo incaricò Michelozzo di costruire, nel convento di San Marco, il prototipo delle biblioteche umanistiche, la prima pubblica, definita poi dal Poliziano “Publica Gentis Mediceae Bibliotheca”.

Leonardo Bruni, Cosimo il Vecchio e il Concilio
Il rapporto di familiarità fra Leonardo Bruni e Cosimo de’ Medici potrebbe destare sorpresa. Difficile pensare come l’autore della Laudatio Florentinae Urbis e delle Historiae Florentini Populi, fiero sostenitore delle libertà repubblicane ed eletto cancelliere con il sostegno del partito degli Albizzi e degli Strozzi, potesse essere vicino anche all’ambito mediceo. Probabilmente, il forte legame con la Curia pontificia (fu al servizio di sei papi) e, in particolare, un personale rapporto con Martino V e con Eugenio IV, consentì al Bruni una certa autonomia fra le diverse fazioni e di non essere travolto dal succedersi degli eventi. È un fatto che, nel 1416, fu aiutato da Cosimo ad ottenere la cittadinanza fiorentina e che, quando lo stesso Cosimo nel 1434 tornò trionfalmente dall’esilio e, nella sostanza, prese il potere, il Bruni mantenne il ruolo di cancelliere e, addirittura, scrisse una lettera ai magistrati senesi affinché perseguissero gli esuli antimedicei.
Leonardo Bruni, con il beneplacito di papa Eugenio IV, ebbe un ruolo anche nel Concilio di Firenze del 1439, in cui i prelati latini e greci (al seguito dell’imperatore bizantino e del patriarca di Costantinopoli) sottoscrissero la Bolla “dell’unione” (in latino e greco, alla cui redazione partecipò Ambrogio Traversari). Il documento (che, per diversi motivi, non trovò poi attuazione) sanciva la riunificazione della Chiesa latina con quella greca. Per i delegati della chiesa d’Oriente il Bruni scrisse, in lingua greca, il trattatello Sulla Costituzione della Repubblica fiorentina, in cui il sistema politico di Firenze è descritto come una forma mista, né aristocratica né democratica (a sottintendere, forse con un certo disagio, il potere “di fatto” di Cosimo de’ Medici, che, fra l’altro, era il finanziatore dello stesso concilio). Nella seconda cella di Cosimo nel convento di San Marco, il corteo delle figure agghindate “all’orientale” dell’Adorazione dei magi, affrescata entro il 1443 da un giovane Benozzo Gozzoli, collaboratore dell’Angelico, è verosimilmente la prima memoria visiva di quel concilio.

Due biblioteche unite dalla storia
La Biblioteca di San Marco (di Michelozzo) e quella Medicea Laurenziana (di Michelangelo) sono storicamente legate in quanto fondazioni medicee, “pubblica” la prima (costruita da Cosimo il Vecchio e completata da Piero alla metà del ‘400), “privata” in origine la seconda, voluta dal cardinale Giulio de’ Medici (poi papa Clemente VII) per ospitare la collezione privata di famiglia (in gran parte di Lorenzo il Magnifico), e aperta “ai pubblici studi” da Cosimo I nel 1571. Il legame tra le due biblioteche prosegue nel corso dei secoli, con un progressivo trasferimento di testi da San Marco alla Laurenziana (a cominciare dal 1570, quando lasciò San Marco un gruppo di 300 codici). Nel 1809, con le Soppressioni napoleoniche, 365 codici di San Marco (e circa 630 manoscritti da altri conventi) giunsero in Laurenziana, mentre un’altra parte di testi (da San Marco e altrove) finirono in Magliabechiana (oggi Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze). Nel 1883 da San Marco furono trasferiti in Laurenziana altri 194 codici letterari di ambito mediceo, seguiti, nel 1896, da circa 4451 testi a stampa. A sottolineare l’importanza del patrimonio librario di San Marco, in Laurenziana si preferì distinguere, come è ancora oggi, il “Fondo San Marco” da quello degli altri “Conventi soppressi”.

Leonardo Bruni a San Marco
Nel Fondo San Marco della Biblioteca Medicea Laurenziana spicca il manoscritto 366, esposto in mostra. Si tratta dell’Historia Florentina (o Historiarum Florentini populi libri XII) di Leonardo Bruni (qui chiamato Leonardo Aretino), redatta dal notaio Ser Piero di Giovanni da Stia nel 1449 e donata ai primi del ‘500, assieme ad altri quattro codici, alla biblioteca del convento di San Marco da Girolamo e Alessandro da Panzano (figli di quel Fruosino che era funzionario del banco mediceo a Bruges). Assente nel Repertorio della biblioteca di San Marco del 1499-1500, il manoscritto è citato nell’Indice del 1545. Per due volte, vi si legge ancora l’antica collocazione di San Marco: il banco (o scanno, o pluteo) n. 23 a occidente, ovvero a sinistra, entrando (i banchi lignei furono smantellati nel XVII secolo, sostituiti da armadiature alle pareti, tolte alla fine dell’800 quando nacque il museo). Alla Laurenziana giunse nel 1883, in un corposo gruppo di codici “medicei” che erano rimasti a San Marco (vedi paragrafo precedente).


La prima pagina (carta 1 recto) è splendidamente decorata a foglia oro e colori da un miniatore di scuola fiorentina. Sul fondo della lettera iniziale D (“Diuturna mihi cogitatio fuit”) è una mezza figura di profilo che tiene un libro, identificata come Cosimo il Vecchio (Garzelli) o, più probabilmente, come Leonardo Bruni (Lazzi, D’Ancona), vestito con lucco rosso su veste rosa che, come il berretto, è foderata di ermellino. Attorno al berretto una corona di alloro. L’abito “da magistrato” e la corona dei letterati ben si addicono al ruolo del cancelliere Bruni.
La mostra
Il Manoscritto San Marco 366 è solo uno degli oltre sessanta in esposizione, tutti (tranne una riproduzione di un codice della Riccardiana) provenienti dalla Biblioteca Medicea Laurenziana. La mostra si articola in sette sezioni, a rappresentare tutta l’attività letteraria del Bruni: scritti umanistici, polemici, biografici, politici, storici, le traduzioni e gli scritti cancellereschi. C’è, poi, un’ottava sezione, dedicata agli elogi funebri per il Bruni scritti dagli umanisti Giannozzo Manetti e Poggio Bracciolini.
Si tratta della prima mostra in assoluto dedicata esclusivamente a Leonardo Bruni, curata dallo studioso Paolo Viti, a coronamento di un percorso che ha come tappe fondamentali il convegno fiorentino del 1987: “Leonardo Bruni: Cancelliere della Repubblica di Firenze” (a cura di P. Viti) e la mostra aretina del 2003: “I cancellieri aretini della Repubblica di Firenze” (a cura di R. Cardini e P. Viti), senza dimenticare la mostra del 2008 all’Archivio di Stato di Firenze: “Coluccio Salutati e Firenze. Ideologia e formazione dello Stato” (a cura di R. Cardini e P. Viti). Sebbene non sia stato ancora possibile pubblicare un catalogo (un rammarico per tutti gli organizzatori), la presenza di un dépliant gratuito, didascalie bilingui (italiano/inglese), alcuni video e un magnifico touch-screen (in cui è possibile “sfogliare” integralmente tre manoscritti) rendono la visita piacevole e istruttiva (con qualche pannello esplicativo in più sarebbe stata perfetta). Un’occasione da non perdere, per i cultori dell’Umanesimo, della storia e del bello.
Alessandro Santini
Leonardo Bruni. L’Umanesimo a Firenze
Biblioteca Medicea Laurenziana, Piazza San Lorenzo 9 – Firenze
13 ottobre 2017-5 gennaio 2018
Orario: lunedì – sabato ore 9,30 – 13,30 (chiuso domenica e festivi)
Biglietto: € 3; 2.50 se acquistato unitamente al biglietto per la basilica di San Lorenzo
INFO: tel. 055 2937911 – b-mela.mostre@beniculturali.it ; https://www.bmlonline.it/
Visite didattiche: didattica@operadarte.net