Angelico ritrovato. In una mostra francese si ricompone il mosaico di una Tebaide perduta. Ma manca ancora l’ultima tessera.

Angelico_Reconstitution

In una mostra in corso al Museo Condé di Chantilly (“Fra Angelico, Botticelli… Chefs-d’oeuvre retrouvés”, a cura di Michel Laclotte e Nathalie Volle,  fino al 4 gennaio 2015), dopo duecento anni sono stati riuniti e ricomposti cinque pannelli lignei dipinti a tempera, riferibili alla bottega di Beato Angelico, che in origine facevano parte di una stessa tavola. L’opera raffigura un’ insolita e complessa Tebaide, in cui alle tradizionali scene di monaci eremiti (gli antichi Padri del deserto di Tebe in Egitto), si affiancano episodi esemplari della vita di quattro santi. La storia di questa Tebaide “ritrovata”  è avvincente e straordinaria.

Fra Sette e Ottocento, la tavola venne divisa in almeno sei pezzi, venduti e dispersi nel mercato antiquario. Se ne è perduta la memoria fino a quando, a partire dagli anni ’70 del ‘900, alcuni studiosi (Berti, Pope-Hennessy, Boskovitz) ipotizzarono che tre pannelli con storie di santi eremiti, conservati due in Francia e uno in Belgio, potessero costituire, uniti orizzontalmente, la predella di una pala d’altare. Nei primi anni ’90 l’americano Strehlke riconobbe in una piccola tavola del museo di Philadelphia il quarto pannello della predella.

Ma la svolta, clamorosa, avvenne solo nel 1999, quando una storica dell’arte americana, Anne Leader, notando un piccolo dettaglio iconografico fino ad allora trascurato, un monaco che cala un cesto con una corda (ma il monaco è in un pannello e il cesto è in un altro!), intuì che i pannelli non potevano essere ricomposti uno di fianco all’altro, ma dovevano essere ripensati come uno sopra l’altro. Era la prova che non poteva trattarsi di una predella, bensì di un’unica tavola dipinta.

Al gruppo si è poi aggiunto un quinto pannello, più grande degli altri, riconosciuto dallo studioso francese Laclotte come parte centrale della tavola, raffigurante scene di vita eremitica (la Tebaide vera e propria). L’opera, venduta all’asta nel 2012 per mezzo milione di euro, è oggi proprietà di un collezionista francese.

I cinque pannelli sono oggi in mostra a Chantilly, eccezionalmente riuniti. Ma a questo sorprendente mosaico manca ancora una tessera. Rimane vuota, in alto, una parte della tavola. Il mondo dell’arte è alla ricerca di un sesto pannello, l’ultimo. Forse perduto per sempre, forse già in possesso di qualche collezionista.

La tavola ricomposta, di dimensioni non superiori a 50×100 cm, raffigura una insolita “Tebaide”, dove le scene centrali di vita eremitica (tipiche dell’arte fiorentina agli inizi del Quattrocento), sono “incorniciate” da episodi della vita di quattro santi, la cui identificazione è tuttora controversa.

Angelico_Reconstitution

In alto a destra, dal Museo Condé di Chantilly, la Visione di San Girolamo penitente, interpretata da alcuni come Estasi di San Benedetto nel deserto (due immagini, prima e dopo il restauro del 2003):

Pannello Chantilly prima del restauro

 Girolamo 2

 

In basso a destra, dal Museo d’Arte di Philadelphia, S. Gregorio Magno rifiuta la tiara papale (secondo alcuni Papa Celestino V), restaurato in occasione della mostra:

 Gregorio

La presenza del cappello rosso cardinalizio fa pensare che si tratti di Papa Gregorio, in quanto Papa Celestino V, l’eremita Pietro da Morrone, non fu mai cardinale.

Lo studio combinato dei pannelli di Chantilly e Philadelphia ha dimostrato che i pannelli facevano parte di un’unica tavola. Già negli anni ’70 e ’80 del ‘900, quando si era affermata l’ipotesi della predella, due studiose (Cole Ahl, de Boissard) sollevarono i primi dubbi. Ma è solo nel 1999 che l’americana Anne Leader notò che, molto stranamente, uno cesto appeso ad una corda compariva due volte, sia nel pannello francese, calato da un monaco, sia in quello americano, dove però manca chi sostiene la corda. La Leader intuì che il cesto di Philadelphia dovesse essere sostenuto da qualcuno, forse proprio dal monaco del pannello di Chantilly. Ad un’analisi accurata, il cesto francese risultò essere, effettivamente, una ridipintura posteriore, aggiunta solo per dare un senso ad una corda calata nel vuoto. L’unico vero cesto era dunque quello di Philadelphia, sostenuto però dalla corda calata dal monaco di Chantilly. Di conseguenza, i due pannelli non potevano più essere pensati come in una predella, uno di fianco all’altro, bensì uno sopra (Chantilly) e uno sotto (Philadelphia), come in una tavola. Un vero e proprio colpo di scena! Il restauro del pannello di Chantilly (2003) ha cancellato, giustamente, il cesto spurio e ha restituito una serie di edifici (in basso a destra), presenti anche nel pannello statunitense (in alto a destra), prova ulteriore della connessione verticale delle due tavolette.

Pannello Chantilly prima del restauro
Prima del restauro (2003). E’ ancora presente il cesto, mentre non sono visibili gli edifici in basso a destra.

 

Il pannello in alto a sinistra nella tavola ricomposta, oggi al Museo di Belle Arti di Anversa, è interpretato come S. Romualdo impedisce all’imperatore Ottone III dei entrare a Camaldoli o come S. Ambrogio impedisce all’imperatore Teodosio di entrare in chiesa:

Romualdo

La presenza di tre monaci vestiti di bianco, sulla destra, potrebbe indicare una provenienza camaldolese, da cui l’identificazione del santo come il fondatore della congregazione, ovvero Romualdo.

In basso a sinistra, dal Museo d’Arte Thomas-Henry di Cherbourg, la Conversione di S. Agostino (per alcuni si tratterebbe di San Giuliano penitente):

Agostino

L’identificazione della figura centrale come S. Agostino trova conferma nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, in cui si fa esplicito riferimento, nell’episodio della conversione,  ad un albero di fico, ben evidente al centro del dipinto, e alla presenza di Alipio, compagno del santo. Si notino, inoltre, sulla sinistra, un pavone sul muro di un edificio forse conventuale e, sulla destra, una piccola figura di eremita nascosta in un anfratto, interpretabili come simboli di resurrezione e vita eterna attraverso la conversione e l’ascesi.

Alla pari dei pannelli di Chantilly e Philadelphia, anche quelli di Anversa e di Cherbourg dovevano stare uno sopra l’altro, come dimostrano le rocce e la vegetazione nel bordo inferiore dell’uno (Anversa) che combaciano perfettamente con quelle nel bordo superiore dell’altro (Cherbourg).

In basso, al centro della tavola, Scene di vita eremitica e monastica, da una collezione privata francese:

 Fra_Angelico,_a_central_piece_part_of_a_six-panel_Thebaide

Nei primi anni 2000 Michelle Laclotte, per molti anni Direttore del Louvre, riconobbe in quest’opera, dalla metà dell’800 proprietà di una famiglia del sud della Francia, un quinto e fondamentale pannello della tavola angelichiana. La comunicazione ufficiale venne data a Firenze nel 2005, nell’ambito di un convegno svoltosi al Museo di San Marco.  Più grande degli altri, questo pannello costituisce la parte centrale della tavola, la Tebaide vera e propria, con scene di monaci attorno ad un convento e, sullo sfondo, un vasto paesaggio marino. Secondo Laclotte, in quest’opera si ribalta la tradizionale iconografia delle Tebaidi, con il mare in primo piano e le montagne sullo sfondo. Qui, all’opposto, vediamo il mare sullo sfondo, una valle con un convento in primo piano e le montagne ai lati. Si distinguono piccole e vivaci figure di monaci, alcuni in preghiera, altri intenti a lavori agricoli, un monaco santo (probabilmente Antonio abate) tentato dal demonio e, sulla destra, l’ “incontro dei tre morti e dei tre vivi”, episodio allegorico, tipico dei “trionfi della morte” medievali, in cui tre cavalieri si imbattono in tre cadaveri simbolo della vanità delle cose terrene.

La famiglia proprietaria lo ha gelosamente custodito, negandone il prestito anche ad importanti istituzioni, come la Galleria degli Uffizi, fino a quando, ottenuto il permesso all’esportazione, nel 2012 decise di metterlo all’asta. Un evento di risonanza mondiale, la prima volta che in Francia si vendeva un’opera riferibile al Beato Angelico. Vincitore dell’asta, svoltasi a Marsiglia, è risultato un collezionista privato francese, che, come ben sottolinearono i quotidiani d’oltralpe, ha inaspettatamente battuto la concorrenza inglese e italiana con un’offerta, relativamente bassa, di 552.000 euro (tasse incluse).

La Tebaide ricostruita a Chantilly presenta ancora molti lati oscuri. A cominciare dall’autore. Il riferimento più attendibile è alla bottega di Beato Angelico. Alcuni fanno i nomi di Zanobi Strozzi e Battista di Biagio Sanguigni, collaboratori del Beato. C’è chi, meno prudentemente, pensa all’intervento diretto del maestro, pur con qualche aiuto.

Per quanto riguarda la datazione, prevale l’opinione che la tavola sia stata realizzata fra il 1430 e il 1435 o, comunque, nel quarto decennio del ‘400. Di sicuro, il tema della Tebaide, intesa come esaltazione del cristianesimo semplice e autentico dei primi secoli, si sviluppa in Toscana, e principalmente a Firenze, nell’ambito dell’ampio movimento di riforma della chiesa e degli ordini religiosi tra fine ‘300 e inizi ‘400.

Del tutto incerta, invece, la provenienza originaria. Secondo Laclotte, l’opera potrebbe essere stata dipinta per il monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli a Firenze. Anne Leader ipotizza che il committente potrebbe essere Ambrogio Traversari, grande umanista e teologo, superiore dell’ordine dei Camaldolesi. Più recentemente, Laura Fenelli ha suggerito una possibile provenienza agostiniana. Ada Labriola ha supposto che almeno tre pannelli possano essere appartenuti alla famiglia fiorentina dei Da Filicaia. Tutta da confermare, infine, l’ipotesi (di Strehlke e altri) che la tavola intera (o qualche pannello) possa essere passata fra le mani del pittore e restauratore Ignazio Hugford e del suo allievo Lamberto Gori, che ne avrebbero alterato alcune parti. Il riferimento ai due pittori del ‘700 risulta, in effetti, abbastanza inquietante. Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi, ritiene infatti che la Tebaide più nota, quella conservata agli Uffizi, tradizionalmente attribuita a Beato Angelico o allo Starnina, sia stata realizzata proprio da Hugford nel XVIII° secolo. Che anche la Tebaide in mostra a Chantilly sia un falso settecentesco?

Rimane molto controversa, inoltre, l’identità dei quattro santi ai lati della scena centrale. La maggioranza degli studiosi vi riconosce figure legati al mondo ascetico e monastico. Per pochi altri, a cominciare dalla Leader, si tratterebbe invece dei quattro Dottori della Chiesa. Di fatto, le identificazioni più discusse sono quelle dei pannelli di Chantilly (Benedetto o Girolamo) e di Anversa (Romualdo o Ambrogio).

A questo intricato mosaico manca, infine, l’ultima tessera. Un sesto pannello, tuttora disperso, che chiude in alto la tavola. Che cosa potrebbe raffigurare? Probabilmente una veduta marina, forse un’isola, a completamento di quanto già si intuisce negli altri pannelli. Forse solo un paesaggio, forse anche qualche figura umana.

Secondo molti, il pannello non esisterebbe più, andato perduto definitivamente perché meno interessante degli altri, o solo perché meno fortunato. Ma la vicenda, intrigante e straordinaria, della Tebaide “ritrovata” in mostra a Chantilly, ci insegna che, quando si parla di arte, non esistono mai certezze assolute e le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Magari, da un giorno all’altro, il sesto pannello potrebbe spuntare fuori. Da una collezione privata, così come dalla soffitta di casa di qualcuno di noi.

 Alessandro Santini

 Angelico_Reconstitution

Per saperne di più:

Michel Laclotte, Nathalie Volle, Fra Angelico, Botticelli… Chefs-d’oeuvre retrouvés, Domaine de Chantilly 2014.

Laura Fenelli, “La Tebaide ricostruita da Michel Laclotte e da Anne Leader”, in Atlante delle Tebaidi e dei temi figurativi, Centro Di, Firenze 2013, pp. 105- 111.

Anne Leader, “The Church and desert Fathers in early Renaissance Florence: further thoughts on a “New” Thebaid”, in New studies on Old Masters: Essays in Renaissance Art in honour of Colin Eisler, Centre for Renaissance and Reformation, Toronto 2011, pp. 221-234.

Michel Laclotte, “Autour de Fra Angelico: deux puzzles” in Da Giotto a Botticelli-pittura fiorentina tra Gotico e Rinascimento, Atti del Convegno internazionale, Firenze, Università degli Studi e Museo di San Marco, 20-21 maggio 2005, Giunti, Firenze 2008, pp. 187-200.

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