C’è una notte tragica nella storia di San Marco. È la notte in cui fu catturato Girolamo Savonarola, l’8 aprile 1498. Fu allora che la campana di San Marco suonò a martello, ininterrottamente, per chiamare a raccolta i seguaci del Priore, mentre il convento veniva assediato dai Palleschi e dagli Arrabbiati della fazione medicea, ostili al frate. Nessun drappello di difensori giunse in tempo a soccorrerlo. Al termine degli scontri, che furono sanguinosi e convulsi (ne abbiamo già scritto qui), Savonarola e i suoi seguaci più stretti, fra Domenico da Pescia e fra Silvestro Maruffi, vennero arrestati dagli inviati della Signoria e sottoposti a tre processi, dopo essere stati barbaramente torturati. Il 22 aprile dello stesso anno furono riconosciuti colpevoli di eresia e scisma e condannati a morte.
Dopo l’esecuzione del frate e dei suoi due confratelli, avvenuta in Piazza della Signoria il 23 maggio 1498, toccò alla campana, con delibera del 29 giugno 1498, subire una condanna esemplare. Fu calata dal campanile, posta su un carretto trainato da muli, e portata in processione per le vie della città, mentre un boia la frustava: doveva essere chiaro a tutti cosa sarebbe successo a chi avesse osato esprimere una qualche forma di vicinanza alle idee di Savonarola. In seguito, la campana fu mandata in esilio a San Salvatore al Monte, il convento francescano dell’osservanza avverso al Savonarola, fuori dalle mura della città. La Piagnona ritornò a San Marco nel 1509 e ricollocata nel campanile. Agli inizi del Novecento, temendo potesse precipitare in quanto ormai vetusta, venne sostituita da una copia eseguita dalla fonderia Rafanelli di Pistoia.
La campana, frutto della collaborazione tra Michelozzo e Donatello che all’epoca lavoravano insieme, ma anche recentemente attribuita da una parte della critica all’ambito del Verrocchio (vedi l’articolo di Lucia Bencistà), presenta sulla spalla un’iscrizione distribuita su tre fasce che così recita: «CRISTVS REX GLORIE VENIT IN PACE ET DEVS HOMO FACTVS EST» / «VIR CLA[RVS] COSMVS MEDICES IO[HANNIS] F[ILIVS] ME SVIS INPENSIS FACIVNDVM CVRAVIT» / «VT STATVTIS TEMPORIBVS SACRA DEO CELEBRENTVR GLORIA IN EXCELSIS DEO» (Cristo Re della gloria è venuto in pace e Dio si è fatto uomo / Cosimo de’ Medici uomo illustre figlio di Giovanni mi ha fatto fare a sue spese / affinché nei tempi stabiliti si celebrino i riti sacri a Dio. Gloria a Dio nell’alto dei cieli). Nell’iscrizione è la campana stessa – come accadeva anche nella ceramica antica – a dichiarare esplicitamente l’identità del committente: Cosimo il Vecchio, il principale finanziatore della ristrutturazione del Convento di San Marco. A riprova della sponsorizzazione medicea, la fascia decorativa con un motivo ad archetti e una teoria di putti danzanti, nel registro inferiore, è inframmezzata dallo stemma a nove palle, sorretto da due angioletti, della famiglia Medici.
In occasione dell’8 aprile, Laura Pellegrini, curatrice del Museo di San Marco, ci racconta in un video le vicende della Piagnona, il suo legame simbolico con la memoria di Savonarola nella notte della sua cattura, la domenica delle Palme dell’8 aprile 1498, diffondendosi anche sul dibattito critico relativo alla sua attribuzione.
