Beato Angelico “eccellente pittore e miniatore”

Il titolo di questo intervento è una citazione da Giorgio Vasari, dalla biografia che dedicò a “Frate Giovanni da Fiesole”, nell’edizione giuntina delle sue Vite (1568). Vasari è il primo ad affermare che Angelico fu miniatore oltre che pittore, ed è con queste parole che apre la biografia dell’artista: «Fu eccellente pittore e miniatore, nonché ottimo religioso». L’argomento centrale di questa conferenza è “Angelico miniatore”, cioè illustratore di libri, autore di quelle immagini, le miniature, deputate a illustrare nei manoscritti – con scene figurate – la lettera iniziale di un testo, di una frase, di un versetto liturgico.

Tuttavia, è lecito parlare di “Angelico miniatore”, con un’attività distinta e circoscritta nel campo dell’illustrazione libraria? In primo luogo, il frate artista è sempre citato nei documenti come pittore, mai come miniatore.

Rispetto all’eccezionale quantità di opere di pittura (tavole e affreschi) da lui realizzata nel corso della sua carriera, la critica gli attribuisce concordemente soltanto un piccolo gruppo di codici miniati. Sono tutti codici liturgici, fondamentalmente corali, dotati di notazione musicale, utilizzati nel coro per la celebrazione della Messa (Graduali) o dell’Ufficio delle Ore, le ore di preghiera che scandivano la giornata delle comunità religiose (Antifonari). Sono tutti di destinazione domenicana, l’Ordine religioso a cui Angelico apparteneva, prodotti per la chiesa di San Domenico a Fiesole, dove egli entrò da giovane laico, prendendo il nome di fra Giovanni, e la chiesa di San Marco a Firenze. Con un’unica eccezione, come vedremo.

Ribadendo quanto egregiamente dimostrato nell’importante mostra del 2007 curata da Magnolia Scudieri al Museo di San Marco (Fra Giovanni Angelico. Pittore miniatore o miniatore pittore?), possiamo quindi concludere questa breve premessa osservando che la sua attività di miniatore si legò indissolubilmente a quella di pittore, e che sono due facce della stessa medaglia, sia dal punto di vista stilistico che da quello della tecnica esecutiva.

Mi concentrerò dunque sulle miniature ma non tralascerò di mostrare i momenti salienti della sua attività di pittore, perché è indubbio che la realizzazione dei manoscritti miniati si svolse parallela e tangente a quella dei dipinti e degli affreschi.

Qualche brevissima nota biografica. Non conosciamo l’anno di nascita di Angelico, collocato generalmente intorno al 1395. Nacque nei dintorni di Vicchio nel Mugello, secondo la testimonianza delle antiche Cronache di San Marco a Firenze e di San Domenico a Fiesole. Morì a Roma il 18 febbraio 1455, e qui – al servizio di papa Eugenio IV e di papa Niccolò V – lavorò, con alcune brevi interruzioni, negli ultimi dieci anni di vita. I primi documenti conosciuti lo ricordano come laico, Guido di Pietro, e già come pittore, nel 1417 e nel 1418. Nel convento di San Domenico a Fiesole è documentato per la prima volta nel 1423, col nome di fra Giovanni. Qui visse e lavorò la maggior parte della sua vita. Il convento di Fiesole era stato fondato all’inizio del Quattrocento da fra Giovanni Dominici, grande leader del movimento dell’Osservanza: un movimento di riforma che sosteneva il ritorno alla purezza delle origini, al dettato originario della Regola e delle Costituzioni Domenicane.

Convento di San Domenico a Fiesole

Un aspetto, quello dell’appartenenza all’Osservanza, che svolse un ruolo di grande importanza nel bagaglio culturale di Angelico e nella genesi artistica delle sue opere. Se non altro per il rapporto di amicizia che lo legò a Sant’Antonino Pierozzi, anch’egli domenicano osservante, priore di San Domenico e di San Marco, prima di diventare nel 1446 arcivescovo di Firenze.

Come abbiamo visto, Vasari è il primo a dirci che Angelico fu attivo come miniatore. Ma, soprattutto, Vasari è il grande promotore dell’interpretazione che sarebbe prevalsa nei secoli successivi, secondo cui nelle opere del frate domenicano si coglie l’identità assoluta tra un’arte somma e una vita santissima, improntata a virtù di modestia, sobrietà e amore verso il prossimo. Siamo in pieno clima di Controriforma.

Giorgio Vasari, Ritratto Fra Giovanni da Fiesole, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architettori, Firenze, 1568

Non era un’interpretazione nuova della personalità del frate pittore. A fonti domenicane del secolo precedente risalgono i due appellativi “beatus” e “angelicus” che hanno segnato nel tempo la sua fama artistica e spirituale. Ricordiamo che fra Giovanni fu beatificato il 3 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II.

La celebrazione di Angelico artista in chiave religiosa, affermata da Vasari in toni per noi anacronistici, ha tuttavia un fondamento storico, che gli studi a partire dalla seconda metà del Novecento si propongono di riconsiderare in termini più rigorosi e filologici. L’Ordine Domenicano aveva una forte connotazione intellettuale. Oltre alla predicazione, finalità dell’Ordine erano lo studio e l’insegnamento. Studio e insegnamento fondamentalmente ispirati al pensiero del grande filosofo domenicano Tommaso d’Aquino e alla sua opera più importante (Summa theologiae).

All’estetica della luce, così come fu elaborata nel pensiero di Tommaso d’Aquino, è collegato lo straordinario interesse rivolto da Angelico alla rappresentazione della luce e alla resa dei fenomeni luminosi; un interesse che si evolse durante tutta la sua carriera. Se nella definizione di Tommaso d’Aquino la luce è uno splendore interiore di origine divina, di cui brillano i personaggi celesti (angeli, Vergine, santi), nell’arte di Angelico è la luce che definisce le forme e lo spazio. La luce sembra irradiare dalle figure. Il tomismo di Angelico diventa così una questione di stile più che di contenuto (Giulio Carlo Argan, 1955). Le sperimentazioni luministiche sono una delle chiavi di lettura per comprendere la sua arte e la sua portata innovativa nel panorama fiorentino della prima metà del Quattrocento, sia in pittura che in miniatura.

Beato Angelico, San Domenico in gloria, graduale 558, Museo di San Marco

Oggi parlerò dei codici miniati da Angelico su cui la critica ha espresso generalmente unanimità di consensi. Appartengono a fasi diverse del suo percorso, e dunque non rappresentano una stringente continuità stilistica per quanto riguarda la sua attività di miniatore. Ma in questo ci soccorre – come vedremo – il confronto con le sue opere di pittura, tavole e affreschi.

Il Graduale di San Domenico a Fiesole (ms. 558) è il più antico tra i codici miniati a lui attribuiti (1425-1428 ca.). Va premesso che l’interesse verso Angelico miniatore, e la ricostruzione del suo catalogo di miniature, è una conquista piuttosto recente, risalente alla seconda metà del secolo scorso. Il foglio con la Crocifissione, oggi nell’Abbazia di Vallombrosa, proviene da un Messale domenicano, come attesta la presenza del medaglione raffigurante San Domenico. Fu attribuito ad Angelico nel 1962 da Luciano Berti.

Beato Angelico, Foglio con la Crocifissione, Vallombrosa Abbazia Santa Maria

Il Messale Gerli, invece, oggi nella nella Biblioteca Braidense di Milano, è l’unico codice, a nostra conoscenza, non destinato a una comunità domenicana; è un libro di dimensioni molto piccole, utilizzato per seguire in privato la celebrazione della Messa.

Beato Angelico, Crocifissione; Miniatore fiorentino (primo collaboratore del Messale Gerli), Sacerdote in preghiera davanti all’altare, Milano, Biblioteca Braidense, Messale Gerli 54

L’Antifonario di San Domenico a Fiesole è un’opera ricca di straordinarie invenzioni compositive e decorative, attribuita ad Angelico nel 1995 da Miklós Boskovits.

Beato Angelico, San Tommaso in cattedra, Antifonario di San Domenico a Fiesole, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corale 43

La Coppia di Salteri della chiesa di San Marco a Firenze è la sua opera estrema in miniatura, databile nel 1450-1452, durante l’ultimo soggiorno in San Domenico a Fiesole, prima del definitivo trasferimento a Roma. L’attribuzione ad Angelico si deve a Luciano Bellosi nel 1990.

Beato Angelico, Dio Padre benedicente David, Salterio I di San Marco, Firenze, Museo di San Marco, ms. 531, Museo di San Marco
Beato Angelico, David musicante, Salterio II di San Marco, ms. 530, Museo di San Marco

Ma quale era lo scenario della miniatura a Firenze quando Angelico si affacciò sulla scena artistica e in quale contesto affondavano le radici del suo stile di miniatore? A Firenze, la produzione di libri liturgici e la loro illustrazione miniata su ampia scala ebbe come centro nevralgico e propulsore il monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli, non più esistente, situato dove oggi si trova la Facoltà di Lettere e Filosofia. Fu un centro intellettuale di eccezionale importanza tra Tre e Quattrocento, sotto la guida di Ambrogio Traversari, che qui creò un cenacolo di dotti incontri a cui partecipavano i padri fondatori dell’Umanesimo, come Niccolò Niccoli e Leonardo Bruni, ma anche Cosimo il Vecchio de’ Medici, futuro signore di Firenze e futuro committente di Angelico nel convento di San Marco.

Il monastero era la sede di un importantissimo scriptorium: erano i monaci stessi gli scrittori (i copisti) dei loro libri liturgici. Ma alcuni monaci camaldolesi furono anche i più importanti miniatori attivi a Firenze tra Tre e Quattrocento, capaci di imprimere una svolta determinante al panorama fiorentino. Entro le mura del monastero lavorava Don Silvestro dei Gherarducci, miniatore fiorentino autore di raffigurazioni sontuose e raffinatissime. Sua è la Dedicazione della Chiesa, dipinta nel Graduale di Santa Maria degli Angeli, poco dopo il 1370.

Don Silvestro de’ Gherarducci, Dedicazione della chiesa, Graduale di Santa Maria degli Angeli, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corale 2

La Natività e l’Ultima Cena (New York, Pierpont Morgan Library) sono due fogli ritagliati dai Graduali che i monaci di Santa Maria degli Angeli produssero per la comunità camaldolese di San Michele a Murano (Venezia), miniati da Don Silvestro dei Gherarducci negli anni novanta del Trecento. I due volumi furono completamente smembrati; le pagine sono ora conservate in musei e biblioteche stranieri e italiani. Al di là del raffinato naturalismo profuso nelle scene e nei singoli dettagli, vorrei portare l’attenzione sul sistema ornamentale dei fregi formati da foglie di acanto, che si svolgono lungo la pagina come cornici o si accartocciano intorno alla lettera, arricchiti da fiori e da bolle dorate. Sistema ornamentale che diverrà una sorta di marchio di fabbrica della miniatura fiorentina (lo troviamo generalmente classificato negli studi come “scuola di Santa Maria degli Angeli”), in auge e diffuso fino agli anni sessanta del Quattrocento. Lo vedremo fedelmente applicato anche nelle miniature di Angelico, sebbene con esiti meno sontuosi rispetto a quelli camaldolesi di Don Silvestro, in linea con gli intenti di sobrietà dell’Osservanza domenicana. Don Silvestro scomparve nel 1399.

Don Silvestro de’ Gherarducci, Natività, Graduale di San Michele a Murano, New York, Pierpont Morgan Library
Don Silvestro de’ Gherarducci, Ultima Cena, Graduale di San Michele a Murano, New York, Pierpont Morgan Library

Il grande continuatore e il potente innovatore della tradizione camaldolese in miniatura e in pittura fu il più celebre Lorenzo Monaco. Egli approdò a esiti straordinari, senza confronti nella miniatura fiorentina. Così come mostra la galleria di Profeti dipinta nel Graduale per la chiesa di Sant’Egidio a Santa Maria Nuova: un corale che sappiamo prodotto nello scriptorium camaldolese di Santa Maria degli Angeli, probabilmente nel secondo decennio del Quattrocento. L’accesa inquietudine formale ed espressiva dei personaggi raffigurati, l’incisività del disegno, il tocco impressionistico nei dettagli di barbe e turbanti, rendono fortemente distintivo e identitario lo stile di Lorenzo Monaco miniatore.

Lorenzo Monaco, Profeta, Graduale di Sant’Egidio, ms. H 74, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Lorenzo Monaco, Profeta, Graduale di Sant’Egidio, ms. H 74, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Ad apertura del Graduale di Sant’Egidio, una sorta di horror vacui pervade l’impostazione decorativa della pagina, dove è illustrata la scena della Resurrezione. Diversamente da Don Silvestro dei Gherarducci, Lorenzo Monaco lasciò presto le mura claustrali. Pur continuando a vestire l’abito camaldolese per tutta la vita, entro la fine degli anni novanta del Trecento stabilì una bottega indipendente in città: una formula che assimilava la sua attività a quella degli artisti laici. È nella sua bottega che un filone autorevole di studi colloca la formazione artistica di Angelico. Indubbiamente entrambi furono sia pittore che miniatore, entrambi vestirono l’abito religioso (camaldolese e domenicano). Entrambi appartenevano a comunità dalla forte impronta intellettuale. Angelico da giovane laico risiedeva nella parrocchia di San Michele Visdomini, nei pressi di Santa Maria degli Angeli.

Lorenzo Monaco, Resurrezione, Graduale di Sant’Egidio, ms. H 74, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Si osservi ora l’Annunciazione nella lettera “R” (Rorate coeli desuper) di Beato Angelico del Graduale di San Domenico a Fiesole (ms. 558). Il fulcro dell’evento è la pioggia di luce dello Spirito Santo emanata da Dio Padre verso la Vergine; mentre al di fuori dell’iniziale è raffigurato l’arcangelo Gabriele. Nel medaglione compare il profeta Isaia, che predisse la nascita di Cristo. La narrazione si accorda in maniera chiara e calibrata alla struttura della lettera.

Beato Angelico, Annunciazione, ms. 558, Museo di San Marco, Firenze

Gli inizi di Angelico avvennero all’ombra della cultura tardogotica, ma a mio avviso la potenza espressiva di Lorenzo Monaco gli fu estranea, come anche gli furono estranee le sue tensioni formali e le accensioni cromatiche. Il problema della formazione artistica di Angelico è ancora aperto e ampiamente dibattuto. È comunque certo che in questa fase egli mostra affinità con l’arte di Lorenzo Ghiberti, e subì l’ascendente del suo classicismo morbido e fluente, della sua delicatezza figurativa.

Lorenzo Ghiberti, Annunciazione, Porta Nord del Battistero di Firenze

Credo che il miniatore camaldolese con cui Angelico mostra la maggiore sintonia sia Don Simone Camaldolese, di origine senese ma attivo a Firenze nel penultimo decennio del Trecento. La compostezza compositiva e il delicato naturalismo, il cromatismo morbido e armonioso che caratterizzano il Graduale di Fiesole, mostrano una filiazione dall’arte di Don Simone. Il recupero delle fonti trecentesche e neogiottesche, sia in pittura che in miniatura, attuato da Angelico durante tutta la sua carriera, è un aspetto evidenziato dagli storici dell’arte sin dalla fine dell’Ottocento e poi sempre confermato dagli studi (un interessante contributo sul tema si deve a Gerardo de Simone, 2009). I modelli trecenteschi sono interpretati da Angelico in maniera assolutamente innovativa e geniale. Il recupero consapevole delle fonti della narrazione sacra in Toscana si riflette nell’ideologia dell’Osservanza, nel ritorno ai valori e alla purezza delle origini. Di seguito alcuni confronti tra le miniature di Don Simone Camaldolese e Beato Angelico.

Don Simone Camaldolese, Annunciazione, Antifonario di Santa Maria del Carmine Firenze, ms. 572, Museo di San Marco, Firenze
Beato Angelico, Conversione di Paolo, graduale 558, Museo di San Marco, Firenze
Don Simone Camaldolese, Conversione di San Paolo, Antifonario di Santa Maria del Carmine Firenze, ms. 572, Museo di San Marco, Firenze

Si confronti ora il Martirio di San Pietro da Verona nel Graduale di Fiesole (ms. 558) con un particolare del Trittico di San Pietro Martire. San Pietro da Verona fu il primo martire dell’Ordine Domenicano, inquisitore contro l’eresia lombarda. Morì nel 1252.

Beato Angelico, Martirio di San Pietro da Verona, graduale 558, Museo di San Marco, Firenze
Beato Angelico, Trittico di San Pietro Martire, dettaglio, Museo di San Marco, Firenze

Il Trittico fu eseguito da Beato Angelico per le suore domenicane osservanti del Convento di San Pietro Martire, nei pressi di Porta Romana a Firenze, distrutto nel Cinquecento. L’opera è documentata: nel 1429 le suore domenicane sono in debito nei confronti dei frati di San Domenico a Fiesole per il saldo del pagamento relativo all’esecuzione del Trittico. Sempre considerato negli studi un’opera “masaccesca”, testimone dell’influenza esercitata da Masaccio su Angelico negli anni venti.

A lungo è prevalsa negli studi l’opinione di Roberto Longhi (Fatti di Masolino e Masaccio, 1940), secondo cui Angelico fu il primo a “intendere” l’arte rivoluzionaria di Masaccio. Un’opinione riconsiderata da Angelo Tartuferi (2022), che ha convincentemente sottolineato il parallelismo e la vicinanza cronologica tra i due artisti, entrambi a pari merito innovatori e “padri fondatori del Rinascimento pittorico a Firenze”.

Masaccio, Trittico di San Giovenale, Reggello, Museo Masaccio di Arte Sacra
Beato Angelico, Trittico di San Pietro Martire, Museo di San Marco, Firenze

Si osservino le miniature con San Pietro apostolo e la Vocazione di Pietro e Andrea nel Graduale di Fiesole (ms. 558). Si tratta di miniature pienamente rinascimentali e moderne, come mostrano la collocazione delle figure nello spazio, la definizione luministica credibile, la verità espressiva dei volti. Il respiro figurativo è ampio: ci appaiono come “pitture di piccolo formato”.

Beato Angelico, San Pietro apostolo, graduale 558, Museo di San Marco, Firenze
Beato Angelico, Vocazione di Pietro e Andrea, graduale 558, Museo di San Marco, Firenze

Così come “miniature su tavola” sono state definite le immagini dello splendido Giudizio Universale per Santa Maria degli Angeli, un dipinto coevo al Graduale di San Domenico a Fiesole (1425-1428 circa). Sono più di 200 le figure che popolano il Giudizio. Nella biografia di Angelico, Giorgio Vasari usa la parola “diligenza”, per descrivere le miniature e le pitture di piccolo formato, ovvero per metterne in rilievo l’attenta cura esecutiva, la maestria e la raffinata perizia.

Beato Angelico, Giudizio Universale, Museo di San Marco, Firenze

È un dipinto fortemente discusso. Sono discusse la funzione e l’originaria collocazione in chiesa o nel complesso monastico, a causa del suo aspetto singolare e arcaizzante, una tavola di formato orizzontale e dalla sagoma trilobata. Non v’è certezza riguardo alla committenza. Fu forse il frutto di una donazione al monastero da parte di un benefattore laico? O si trattò di una committenza monastica, sotto l’egida di Ambrogio Traversari, ispiratore del programma iconografico del dipinto, ricchissimo di riferimenti culturali? Le due ipotesi non sembrano tra loro inconciliabili.

Se il Giudizio di Santa Maria degli Angeli rappresenta uno degli apici creativi degli anni venti, l’Incoronazione della Vergine per la chiesa di San Domenico a Fiesole inaugura idealmente gli anni trenta del Quattrocento, un decennio di straordinaria vitalità produttiva nella carriera di Angelico. È un’opera di notevole complessità figurativa e prospettica. Le eleganze lineari alla Lorenzo Ghiberti sono state abbandonate, e appaiono nuovi aspetti di monumentalità, di chiarezza e di razionalità spaziale. Il punto di vista è ribassato, con le figure in primo piano viste di spalle. È “la prima vera pala d’altare moderna fatta a Firenze” (Carl B. Strehlke, 1994).

Beato Angelico, Incoronazione della Vergine di San Domenico, Parigi, Museo del Louvre

Il tema della Crocifissione, come già accennato, fu riproposto da Angelico nel Messale Gerli della Biblioteca Braidense a Milano, databile alla fine del quarto decennio del XV secolo. Il Messale rappresenta un’eccezione nell’ambito della produzione illustrativa di Angelico: nulla è noto riguardo alla sua destinazione e alla committenza. L’esposizione del codice in una recente mostra (Lecco, 2022-2023) ha fornito l’occasione per ricostruire parzialmente la sua storia e per avanzare in proposito alcune ipotesi. Ampia risulta essere la presenza di collaboratori, che presumibilmente operarono sotto la guida o in contatto con il maestro, dipingendo le moltissime piccole iniziali del codice (circa mm. 30 x 30). Angelico è infatti ritenuto responsabile unicamente della scena con la Crocifissione.

Beato Angelico, Crocifissione, Messale Gerli 54, Crocifissione, Biblioteca Braidense, Milano

Due sono gli indizi che permettono di delineare la storia più antica del Messale, nel Quattrocento. Il Calendario (la sezione testuale che precede il testo vero e proprio del Messale) non presenta alcuna specificità fiorentina o toscana. La presenza, nel mese di ottobre (4 ottobre), della festa di San Petronio, scritta con inchiostro rosso, come avveniva nel caso delle feste più importanti, e precedente quella di San Francesco, ci indirizza verso Bologna. Petronio, vescovo di Bologna nel V secolo, è il santo patrono della città.

Miniatore fiorentino (primo collaboratore del Messale Gerli), Annunciazione, Cristo giudice e Santo vescovo in preghiera, Milano, Biblioteca Braidense, Messale Gerli 54

Nella pagina iniziale del Messale campeggia una miniatura tabellare con l’Annunciazione, eseguita da un maestro che rielabora modelli angelichiani. Nel margine inferiore, lo stemma sormontato dalla mitria vescovile è stato identificato con quello del vescovo Stefano Taverna (“scudo d’argento a tre bande di nero”). Il milanese Stefano Taverna, inviato sforzesco presso la corte papale a Roma, fu un protetto del fratello di Ludovico il Moro, il cardinale Ascanio Maria Sforza, grazie al cui sostegno ottenne la diocesi di Parma (1497-1499). Lo stemma dunque fu aggiunto durante quel biennio. Il vescovo Taverna poté acquisire il Messale a Roma, nell’ambiente della curia, dove egli continuò a risiedere fino alla morte nel 1499, anche se non vanno dimenticate le sue precedenti ambascerie a Bologna e a Firenze, nel penultimo decennio del secolo, sempre nelle vesti di inviato sforzesco. Se dunque alla fine del Quattrocento il Messale appartenne al vescovo Stefano Taverna, quando fu prodotto, alla fine degli anni trenta del Quattrocento, la sua committenza o destinazione originaria furono bolognesi. Va perlomeno menzionato, in proposito, che dal 1417 fu vescovo di Bologna Niccolò Albergati, nominato cardinale nel 1426, legato pontificio e grande protagonista della vita politica europea.

Jan van Eyck, Ritratto di uomo anziano (Niccolò Albergati ?) Vienna, Kunsthistorisches Museum

Questo sopra è il suo presunto ritratto: l’identificazione risale a una fonte fiamminga del Seicento. Sappiamo che il cardinale era nelle Fiandre nel 1431, e a tale soggiorno è stata tradizionalmente riferita l’esecuzione del ritratto da parte di Jan van Eyck. Niccolò Albergati mantenne la cattedra episcopale bolognese fino alla morte nel 1443. Negli anni trenta del secolo soggiornò più volte a Firenze, e qui fu a fianco di papa Eugenio IV durante il Concilio di unione tra le Chiese greca e latina, nel 1439.

Un forte legame lo unì a Tommaso Parentucelli, canonico della cattedrale bolognese di San Pietro, che gli successe nel 1444 come vescovo di Bologna, prima di venire eletto papa col nome di Niccolò V. Al momento di assumere la dignità pontificia, il nome scelto fu un omaggio all’antico amico e benefattore. Ad Angelico egli commissionò gli affreschi della sua cappella privata nel Palazzo Vaticano, con Storie dei Santi Stefano e Lorenzo (1448), e qui il pittore lo ritrasse sotto le sembianze di papa Sisto II. A questo contesto bolognese, di assoluta rilevanza culturale, potrebbe risalire la produzione del Messale.

Beato Angelico, San Lorenzo ordinato diacono da papa Sisto II (ritratto di Niccolò V), Palazzo Vaticano, Cappella Niccolina

Rispetto agli altri manoscritti liturgici confluiti nel catalogo di Angelico miniatore, il Messale ha una storia singolare, al centro di episodi collezionistici che vedono protagonisti alcuni dei più importanti bibliofili del secolo scorso e dell’Ottocento. Dopo le vicende quattrocentesche e l’appartenenza a Stefano Taverna, del Messale si sono perse le tracce. È riemerso nell’Ottocento: appartenne alla biblioteca dei Duchi di Borbone – Parma. Probabile acquirente fu Carlo Ludovico (m. 1883), già duca di Lucca e Parma, ritiratosi a vita privata nel 1849, in Germania e poi in Francia. Fu un importante collezionista di codici liturgici, ereditati dal nipote Roberto (m. 1907). La biblioteca ducale fu in seguito comprata da Ulrico Hoepli, l’editore e mercante svizzero fondatore a Milano di una celebre “Libreria Antiquaria”. La “Biblioteca liturgica dei duchi di Parma” portata a Milano da Hoepli nel 1932-1933, fu acquistata dal conte Paolo Gerli di villa Gaeta e donata alla Biblioteca Braidense nel 1938.

Miniatore fiorentino (primo collaboratore del Messale Gerli), Maria e Giuseppe in adorazione del Bambino e Annuncio ai pastori, Milano, Biblioteca Braidense, Messale Gerli 54

In questa pagina del Messale Gerli, sono raffigurati la Natività e l’Annuncio ai pastori, in due diverse iniziali, dipinte con pennellate dal tocco quasi “impressionistico”. Alla fine del quarto decennio del Quattrocento, nella Crocifissione Gerli, Angelico ricerca una luminosità più contrastata. Il chiaroscuro si accentua, le ombre sono più dense (nei volti, nel corpo di Cristo), la stesura pittorica è più fluida, meno compatta.

Il disegno su carta oggi al Graphische Sammlung Albertina di Vienna, raffigurante Cristo Crocifisso, testimonia la presenza di modelli grafici nella bottega di Angelico; i disegni garantivano la fedeltà ai prototipi del maestro e la continuità nell’impostazione dei soggetti da rappresentare. Pochissimo o quasi nulla è noto della bottega di Angelico. Recentemente è stato ipotizzato che l’artista operasse in una bottega esterna al convento domenicano di Fiesole, in analogia con quanto fece alcuni decenni prima Lorenzo Monaco, che – come abbiamo accennato – svolse la sua attività al di fuori del monastero di Santa Maria degli Angeli (Strehlke, 2022).

Beato Angelico, Cristo crocifisso, Vienna, Graphische Sammlung Albertina, 4863

Il Messale Gerli fu prodotto in epoca vicina alla realizzazione della grande pala per l’altare maggiore della chiesa di San Marco. Commissionata nel 1438 da Cosimo il Vecchio de’ Medici insieme al fratello Lorenzo, la pala fu conclusa prima del 6 gennaio 1443, giorno dell’Epifania in cui la chiesa fu consacrata da papa Eugenio IV.

Beato Angelico, Pala di San Marco, Museo di San Marco, Firenze

Ai lati della Madonna con il Bambino, e ai margini del bellissimo tappeto anatolico, vera e propria griglia prospettica, si dispone l’emiciclo di santi. A eccezione di San Marco e di San Domenico, si riferiscono tutti a membri della famiglia Medici. Sono inginocchiati i santi protettori della famiglia, Cosma e Damiano. Cosma è rivolto verso lo spettatore, nel ruolo di intercessore dei fedeli al cospetto della Vergine. In questa fase, nell’arte di Angelico, l’indagine luministica si fa più sottile e maggiormente mirata a mettere in rilievo i dettagli della raffigurazione. Angelico mostra ora uno spiccato interesse nei confronti del realismo luministico della pittura fiamminga. Esempi fiamminghi possono avere influenzato l’adozione dell’espediente illusionistico del “quadro nel quadro”, rappresentato dall’icona in primo piano.

Beato Angelico, Pala di San Marco, dettaglio, Museo di San Marco, Firenze

L’Antifonario di San Domenico a Fiesole, è realizzato probabilmente in epoca di poco successiva al Messale Gerli. Nella pagina, è illustrata la festa di San Tommaso d’Aquino. Nella lettera “F” (Felix thomas doctor), San Tommaso è in cattedra. Nel margine inferiore, sul fondo bianco della pergamena, gli ascoltatori siedono su una bassa panca lignea, e sono raffigurati di spalle. Vi compaiono laici, un re munito di scettro, frati domenicani, e anche un orientale ammantato di rosa, con turbante e lunga barba appuntita. L’idea di prolungare la narrazione nel margine inferiore della pagina non è nuova, risale a modelli del Duecento e del Trecento, ma – nella visione di Angelico – gli antichi modelli si trasformano in una straordinaria invenzione compositiva.

Beato Angelico, Iniziale “F” con San Tommaso in cattedra, Antifonario di San Domenico a Fiesole, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corale 43

Nei fregi ornamentali, i tradizionali tralci di foglie di acanto assumono un aspetto più plastico e compatto, e trovano un confronto in opere monumentali dipinte da Angelico in quel giro di anni. Per esempio, nella fascia decorativa che incornicia la Crocifissione affrescata nella Sala Capitolare del convento di San Marco (1441-1442 circa). Qui gli inserti fogliacei sono alternati a esagoni raffiguranti Profeti, Giacobbe, la Sibilla Eritrea e Dionigi Areopagita.

Beato Angelico, Crocifissione, Sala Capitolare, Museo di San Marco, Firenze

Beato Angelico, Crocifissione, Capitolo, dettaglio Dionigi Areopagita, Museo di San Marco
Beato Angelico, Antifonario di San Domenico a Fiesole, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corale 43, dettaglio
Beato Angelico, Crocifissione, Capitolo, dettaglio cornice, Museo di San Marco, Firenze

Nella bottega di Angelico, disegni con motivi ornamentali potevano essere utilizzati in opere di formato e di tecnica diversi. Il maestro avrebbe potuto impiegare i suoi collaboratori negli affreschi di San Marco anche nel campo della miniatura.

Nell’Antifonario di San Domenico, l’iniziale “O” con la Crocifissione illustra la festa del Venerdì Santo (Omnes amici mei). All’incipit della festa del Sabato Santo (Sepulto domino), le due anse della lettera “S” contengono la Deposizione nel sepolcro e la più rara scena della Sigillatura del sepolcro da parte di un soldato romano. La stesura pittorica fluida e dal tocco compendiario avvicina l’Antifonario al Messale Gerli. È possibile che anche in questo caso Angelico si sia avvalso dell’aiuto di collaboratori, sebbene siano da ascrivere al maestro l’ampiezza e la ricchezza figurativa delle immagini miniate nel corale.

Beato Angelico, Crocifissione, Antifonario di San Domenico a Fiesole, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corale 43
Beato Angelico, Deposizione nel sepolcro e Sigillatura del sepolcro da parte di un soldato romano , Antifonario di San Domenico a Fiesole, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corale 43

La coppia di Salteri per la chiesa di San Marco rappresenta la sua opera più tarda nel campo dell’illustrazione libraria, databile nel 1450-1452. In queste miniature, i volumi dei personaggi tornano ad avere una maggiore solidità e il modellato risulta più compatto, rispetto ai precedenti esempi del Messale Gerli e dell’Antifonario fiesolano. La luce radente è tersa e cristallina.

Beato Angelico, Dio Padre benedicente David, Salterio I di San Marco, Firenze, Museo di San Marco, ms. 531, Museo di San Marco
Beato Angelico, Due frati in coro, Salterio I di San Marco, Firenze, Museo di San Marco, ms. 531

Siamo nella fase esecutiva dell’Armadio degli Argenti, una delle ultime grandi imprese fiorentine del pittore, all’epoca del suo priorato nel convento domenicano di Fiesole (1450-1452). Commissionato da Piero di Cosimo de’ Medici, l’Armadio conteneva gli ex-voto offerti dai fedeli alla veneratissima immagine dell’Annunciazione, nella chiesa servita della Santissima Annunziata. Vi sono raffigurate Storie di Cristo; il ciclo pittorico verte sulla concordanza tra Vecchio e Nuovo Testamento, un tema ispirato al pensiero di Tommaso d’Aquino. Il complesso programma iconografico è stato analizzato con estrema puntualità da Gerardo de Simone (2023), che ha contato ben 168 iscrizioni nell’Armadio: l’intreccio tra immagine dipinta, cultura teologica e letteraria si conferma una costante dell’arte angelichiana, uno dei semi fondativi della sua creazione artistica.

Beato Angelico, Armadio degli Argenti, Museo di San Marco, Firenze

L’eredità di Angelico miniatore fu raccolta dai suoi più stretti seguaci e collaboratori, già ricordati da Vasari nella parte conclusiva della biografia dedicata all’artista. Zanobi Strozzi fu il più fedele, anch’egli pittore e miniatore. Esempio eclatante della fedeltà ai modelli del maestro è l’Annunciazione dipinta in un Graduale della chiesa di San Marco. Il corale fa parte del monumentale ciclo liturgico commissionato per la chiesa fiorentina da Cosimo il Vecchio de’ Medici, alla metà degli anni quaranta del Quattrocento. Un incarico prestigioso che Zanobi Strozzi verosimilmente ricevette grazie alla mediazione di Angelico.

Zanobi Strozzi, Annunciazione, graduale della Chiesa di San Marco_Firenze, Museo di San Marco, ms. 516

Un altro fu Benozzo Gozzoli. Il testo Vaticinia Pontificum profetizza il futuro rinnovamento spirituale della Chiesa. Nel codice sono riunite trenta profezie, illustrate da immagini allegoriche che vedono protagonisti papi realmente esistiti. L’ultimo papa raffigurato è Eugenio IV, scomparso nel febbraio 1447: termine ante quem per la realizzazione delle miniature. Lo studio della luce, tersa e radente, si allinea alle sperimentazioni angelichiane.

Benozzo Gozzoli, Vaticinia Pontificum, Niccolò IV,
Londra, British Library, Harley 1340
Benozzo Gozzoli, Vaticinia Pontificum, Benedetto XI, Londra, British Library, Harley 1340

Un altro artista fu Francesco di Antonio del Chierico, importante protagonista della miniatura fiorentina tra il sesto e il nono decennio del XV secolo, particolarmente caro a Piero di Cosimo de’ Medici. Il destinatario o il committente del codice sono sconosciuti. È indubbio che la sottigliezza e la coerenza delle indagini luministiche compiute da Angelico e dai suoi più stretti seguaci non riaffiorano nelle scene petrarchesche. Eppure la brillantezza dei colori immersi nella luce continua a essere il frutto dell’eredità angelichiana, e sarà un aspetto caratterizzante i più alti risultati della miniatura fiorentina nel terzo quarto del secolo. Queste miniature a piena pagina, ora alla Bibliothèque nationale de France a Parigi, illustrano un codice con i Trionfi di Francesco Petrarca (Trionfo dell’Amore, Trionfo del Tempo), datato 1457.

Francesco di Antonio del Chierico, Trionfo del tempo, Parigi, BnF, Ital, 545
Francesco di Antonio del Chierico, Trionfo dell’amore, Parigi, BnF, Ital, 545

Ada Labriola

L’articolo è la traccia della conferenza che l’autrice ha tenuto, “a braccio”, nella Biblioteca del Museo di San Marco il 16 febbraio 2024, in occasione della festa del Beato Angelico, Patrono universale degli artisti, che si celebra il 18 febbraio, giorno della morte a Roma del pittore domenicano.

Riferimenti bibliografici:

G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori, Fiorenza 1568; ed. a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 505-534

R. Longhi, Fatti di Masolino e di Masaccio, in “Critica d’Arte”, V, 1940, pp. 145-191

G.C. Argan, Fra Angelico, Genève – Paris – New York 1955

L. Berti, Un foglio miniato dell’Angelico, in “Bollettino d’Arte”, XLVII, 1962, pp. 207-215

L. Bellosi, in Pittura di luce. Giovanni di Francesco e l’arte fiorentina di metà Quattrocento, catalogo della mostra (Firenze, Casa Buonarroti), a cura di L. Bellosi, Milano, Electa 1990, pp. 98-101, catt. 12-13

C.B. Strehlke, Fra Angelico, in Painting and illumination in early Renaissance Florence 1300-1450, catalogo della mostra (New York, The Metropolitan Museum of Art), a cura di L.B. Kanter et alii, New York 1994, pp. 322-348

M. Boskovits, Attorno al Tondo Cook: precisazioni sul Beato Angelico su Filippo Lippi e altri, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, XXXIX, 1995, pp. 32-68

Fra Giovanni Angelico. Pittore miniatore o miniatore pittore?, catalogo della mostra (Firenze, Museo di San Marco 20 dicembre 2007 – 29 marzo 2008), a cura di M. Scudieri, S. Giacomelli, Firenze 2007

G. de Simone, Velut alter Iottus. Il Beato Angelico e i suoi “profeti trecenteschi”, in “1492. Rivista della Fondazione Piero della Francesca”, II, 2009, pp. 41-66

A. Labriola, Il Messale Gerli 54 della Biblioteca Nazionale Braidense a Milano, in Opere sante. La vita di San Nicolò raccontata da Beato Angelico, catalogo della mostra (Lecco, Palazzo delle Paure), a cura di G. de Simone, Valmadrera 2022, pp. 66-83

C.B. Strehlke, Angelico’s Last Judgment for Santa Maria degli Angeli and the Potency of the Simple Line, in Il Giudizio Universale restaurato, Quaderni del Museo di San Marco, n. 3, a cura di M. Tamassia, Livorno 2022, pp. 53-75

A. Tartuferi, Masaccio e Beato Angelico, diversi ma sodali per la pittura nuova, in Masaccio e i maestri del Rinascimento a confronto per celebrare 600 anni del trittico di San Giovenale, catalogo della mostra (Reggello, Museo Masaccio d’Arte Sacra), a cura di A. Tartuferi, L. Bencistà, N. Matteuzzi, Firenze 2022, pp. 62-71

G. de Simone, Un’iconostasi di “figure piccole” del Beato Angelico. L’Armadio degli Argenti per la Santissima Annunziata, in Beato Angelico. Storie dell’infanzia di Cristo. Anta dell’Armadio degli Argenti, catalogo della mostra (Milano, Museo Diocesano), a cura di N. Righi, A. Tartuferi, G. de Simone, Milano 2023, pp. 35-64

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