Il Beato Angelico nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva

Approfittando di un giorno di chiusura del nostro museo, mi sono recato a Roma per vedere la mostra su Fidia ai Musei Capitolini. Questa mostra (visitabile fino al 5 maggio 2024) ripercorre la vita e le opere del più grande scultore ateniese di età classica; sono presenti anche frammenti del Partenone, prestati per la prima volta nella storia. Passeggiando per le strade della Capitale, accanto al visitatissimo Pantheon, la grande Basilica cristiana sorta dentro il tempio romano del I secolo a.C. dedicato a tutte le divinità, si apre una piazza al cui centro svetta un obelisco sorretto da un elefantino di marmo progettato da Gian Lorenzo Bernini. Siamo in piazza della Minerva, dove si trova un’altra Basilica molto importante, quella di Santa Maria sopra Minerva, affidata ai frati domenicani dalla seconda metà del XIII secolo. Qui ebbero luogo i conclavi che elessero papa Eugenio IV e il successore Niccolò V. Questa imponente chiesa anche se dall’esterno potrebbe sembrare molto anonima in realtà rappresenta uno dei pochi esempi di gotico a Roma, ed è uno scrigno di opere d’arte e monumenti funebri, tra cui quello di fra Giovanni da Fiesole, il “nostro” Beato Angelico, che proprio qui morì il 18 febbraio 1455.

L’Angelico dimorerà in questo convento due volte: la prima tra il 1446 e il 1449 su chiamata di papa Eugenio IV per affrescare nei Palazzi Vaticani la cappella del Sacramento con storie di Cristo, purtroppo perduta. I due si erano conosciuti a Firenze negli anni della fondazione del convento di San Marco, che il pontefice aveva fortemente sostenuto. Fu proprio Eugenio IV a consacrare la chiesa e il convento nell’Epifania del 1443, al termine della ristrutturazione michelozziana finanziata da Cosimo il Vecchio e suo fratello Lorenzo. Nel 1447, alla morte del pontefice il suo successore, Niccolò V, gli affida la decorazione pittorica del suo studiolo, anch’esso perduto, e della cappella Niccolina con storie dei Santi Lorenzo e Stefano. Frate Giovanni rientrerà in Toscana per assumere il priorato di San Domenico a Fiesole e vi resterà fino al 1452 circa, quando, dopo aver declinato l’offerta di affrescare la cappella maggiore del Duomo di Prato, sarà nuovamente chiamato a Roma per realizzare varie opere in Santa Maria sopra Minerva.

Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, interno, Roma

All’interno della Basilica possiamo ammirare alcuni capolavori degli artisti più importanti del Rinascimento tra i quali: un Cristo Redentore portacroce di Michelangelo a sinistra dell’altare, la cappella Carafa con affreschi di Filippino Lippi dedicati a san Tommaso d’Aquino, l’Annunciazione di Antoniazzo Romano (pittore del quale a San Marco è esposto un pregevole tabernacolo portatile), il Cristo salvatore del Perugino e una Madonna col Bambino del Beato Angelico. Per quanto riguarda le sepolture, troviamo Santa Caterina da Siena, copatrona d’Italia e d’Europa, dietro l’altare maggiore, i due papi medici Leone X e Clemente VII nel coro, papa Urbano VII nella cappella dell’Annunciazione, papa Paolo IV nella cappella Carafa, papa Benedetto XIII nella cappella di San Domenico, il cardinale spagnolo Juan de Torquemada sempre nella cappella dell’Annunciazione e infine il Beato Angelico in una delle cappelle a sinistra dell’altare.

Il sepolcro di fra Giovanni, proclamato patrono universale degli artisti da papa Giovanni Paolo II nel 1982, ha subito vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli; rappresenta però uno dei primi esempi di tomba monumentale dedicata a un artista. Si tratta di una semplice lastra marmorea con la raffigurazione a bassorilievo del pittore, eseguita da uno scultore ignoto. Il suo corpo è rappresentato entro una nicchia, con la testa posta su un cuscino, nel suo abito monacale, a piedi scalzi come da tradizione domenicana: il frate dimostra così di aver consumato i calzari nel suo lungo cammino di predicazione. Il volto realistico è modellato su una maschera funebre. Un’iscrizione posta ai piedi del frate recita: Hic iacet venerabilis pictor frater Ioannes de Florentia Ordinis Predicatorum 14LV (Qui giace il venerabile pittore frate Giovanni da Firenze dell’Ordine dei Predicatori morto nel 1455). Su un lato è stata riportata una data di nascita (1387) tratta dalle Vite di Giorgio Vasari, che è ormai stata smentita dagli studi più recenti che collocano la nascita del frate tra il 1395 e 1400 a Vicchio di Mugello. In anni recenti la lapide ha subito interventi di restauro in seguito a un evento vandalico: l’8 aprile 2018 è stata presa a martellate, danneggiando il cuscino e la nicchia.

Monumento funebre con effige di Beato Angelico, Santa Maria sopra Minerva, Roma

Si è già accennato alla Madonna col Bambino attribuita all’Angelico, anche se altre ipotesi affermano che possa essere stata dipinta dal suo più famoso allievo, Benozzo Gozzoli. Sotto la riproduzione di un baldacchino a colonne tortili troviamo la Madonna stante con il Bambino benedicente in piedi su una balaustra che regge nella sinistra il globo terraqueo. Questo stendardo processionale, ora collocato nella cappella Frangipane, è datato intorno al 1449 e venne probabilmente realizzato per il Giubileo dell’anno seguente. La cappella, tramite un arco, dà sulla tomba del frate pittore e sopra l’altare è conservato un epitaffio, probabilmente composto da Lorenzo Valla, che celebra la fama del pittore vicchiese, posto sulla tomba insieme a un altro per volere di papa Niccolò V e successivamente qui ricollocato.

Beato Angelico (o Benozzo Gozzoli), Madonna col Bambino, Roma, Santa Maria sopra Minerva, Cappella Frangipane

Lo stendardo è testimonianza del primo periodo romano dell’Angelico, mentre durante il secondo soggiorno si dedicherà alla decorazione del chiostro principale del convento della Minerva su mandato del cardinale Juan de Torquemada, zio del famoso inquisitore. Purtroppo, di questo ciclo di affreschi non resta nulla a causa dei vari rimaneggiamenti che il complesso ha subito nel corso dei secoli. Come nel chiostro del convento domenicano di Santa Maria Novella a Firenze, affrescato da Paolo Uccello, il colore di fondo è il verde, da sempre considerato adatto alla meditazione e alla lettura (si veda per esempio anche la decorazione originaria della Biblioteca di San Marco). L’Angelico qui compone un ciclo di Meditationes, partendo da uno scritto mistico contemplativo del cardinale domenicano de Torquemada. Unendo pittura e testo e inserendo in ogni scena un domenicano orante, forse proprio lo stesso cardinale (e questo ricorda molto il San Domenico nelle celle di San Marco), il frate pittore illustra per i suoi confratelli romani 34 episodi tratti dal libro della Genesi e dalla vita di Cristo.

L’elenco delle scene è questo: la creazione del mondo; la creazione di Adamo; il peccato originale; l’Annunciazione; la Natività; la circoncisione; l’adorazione dei Magi; la presentazione al tempio; la fuga in Egitto; la disputa tra i dottori; il Battesimo di Cristo; la tentazione di Cristo; la consegna delle chiavi a Pietro; la Trasfigurazione; la lavanda dei piedi; l’Ultima Cena; la cattura di Cristo; Gesù davanti a Pilato; la Crocifissione; il compianto di Maria; la discesa nel Limbo; la Resurrezione; pasce oves meas; l’Ascensione di Cristo; la Pentecoste; la processione del Sacramento; Abramo e i tre angeli; San Domenico e l’albero domenicano; San Sisto e il Torquemada; l’Assunzione della Vergine; Cristo in gloria tra gli angeli; Cristo in gloria tra i santi; l’ufficio dei morti; il Giudizio universale.

Annunciazione, Codice Vaticano Latino 973, Biblioteca Apostolica Vaticana

Il ciclo di affreschi ebbe molta fortuna, tanto da essere citato in vari testi. Grazie però a un volume del 1463, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana (codice Vaticano Latino 973), è possibile ricostruire puntualmente gli affreschi e stabilire dei confronti con opere precedenti dell’Angelico. L’Annunciazione, per esempio, è confrontabile sia con quelle del Prado, di Cortona e San Giovanni Valdarno, che con l’affresco nel corridoio del dormitorio Nord del convento di San Marco. Molte scene invece sono confrontabili con l’Armadio degli Argenti, col quale il ciclo perduto condivide anche l’impostazione generale con il testo a descrizione delle scene sacre. Modello per questo lavoro saranno gli affreschi con le Storie dell’infanzia di Cristo realizzati da Giotto nella Basilica inferiore di Assisi, visti come narrazione sacra per immagini. Altri confronti si possono fare con gli affreschi della cappella Niccolina e con quelli delle celle di San Marco.

Beato Angelico, Annunciazione del Corridoio nord, Museo di San Marco

Per approfondire la conoscenza di questo importante ciclo di affreschi perduti dell’Angelicus pictor, si rimanda agli illuminanti lavori di Gerardo de Simone, docente all’Accademia di Belle Arti di Carrara, tra i massimi conoscitori al mondo del Beato Angelico.

Matteo Guicciardi

Per saperne di più:

Gerardo de Simone, L’ultimo Angelico. Le Meditationes del cardinal Torquemada e il ciclo perduto nel chiostro di S. Maria sopra Minerva, in Presenze cancellate. Capolavori perduti della pittura romana di metà ‘400, Ricerche di storia dell’arte, Carocci editore, Roma, 2002, pp. 41-87.

Gerardo de Simone, Velut alter Apelles. Il decennio romano del Beato Angelico, in Beato Angelico. L’alba del Rinascimento, catalogo mostra, Roma, Musei Capitolini, 8 aprile-5 luglio 2009, a cura di G. de Simone, A. Zuccari, G. Morello, Ed. SKIRA, Milano, 2009, pp. 129-143.

Gerardo de Simone, Il Beato Angelico a Roma 1445-1455. Rinascita delle arti e Umanesimo cristiano nell’Urbe di Niccolò V e Leon Battista Alberti, Fondazione Carlo Marchi studi 34, Leo S. Olschki editore, Firenze, 2017.

Gerardo de Simone, In margine al restauro della tomba del Beato Angelico, in RR, Roma nel Rinascimento. Bibliografia e note, 2020, pp. 29-49.

Nadia Righi, Angelo Tartuferi, Gerardo de Simone, a cura di, Beato Angelico. Storie dell’infanzia di Cristo. Anta dell’Armadio degli Argenti, Dario Cimorelli editore, Milano, 2023, pp. 51-52.

Lascia un commento