Un museo straordinario in movimento, tra passato, presente e progetti futuri: il Museo di San Marco visto dal suo direttore, intervistato da Martina Olivieri per la rivista della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, in corso di svolgimento a Palazzo Corsini fino al 2 ottobre 2022.
Allievo di Mina Gregori, collaboratore diretto di Miklós Boskovits dal 1983 al 1990, tra i maggiori esperti di pittura italiana, e autore di numerose monografie, saggi e articoli. Dopo esser stato vicedirettore della Galleria dell’Accademia e dal 2009 al 2013 degli Uffizi, da maggio 2020 Angelo Tartuferi è il direttore del Museo di San Marco, di cui ci racconta tutta la sua meraviglia.
Come è nato il suo amore per l’arte?
C’era sin dagli anni del liceo, ma la svolta è capitata un pomeriggio, quando – appena entrato all’università e con le idee ancora non del tutto chiare – ho ascoltato per la prima volta una lezione di Mina Gregori, e ho deciso che mi sarei laureato con lei.
Che importanza ha il Museo di San Marco nel panorama dell’offerta museale fiorentina?
L’importanza che è ben percepita da un pubblico più preparato, che Antonio Paolucci definì esplicitamente «élite del turismo culturale fiorentino»: Il luogo amatissimo da Cosimo il Vecchio de’ Medici e dalla sua famiglia; caro alle memorie dell’Ordine domenicano, abitato nel tempo da Sant’Antonino Pierozzi al Beato Angelico, da Fra Girolamo Savonarola a Fra Bartolomeo. Autentica culla della cultura umanistica con la splendida Biblioteca di Michelozzo, ricca di centinaia di manoscritti. Il luogo che accoglie le preziose testimonianze superstiti della ‘vecchia Firenze’ scampate alle demolizioni ottocentesche. Si tratta per più versi di un autentico Museo della città.
La Sala del Beato Angelico ha visto recenti ed importanti restauri. Quanti e come sono stati possibili?
I restauri eseguiti in relazione diretta con il riallestimento della sala sono stati quello del Compianto sul Cristo morto dipinto per la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio e quello del trittico eseguito per la Compagnia della Santa Croce che si trovava nel primo chiostro dell’omonima basilica francescana di Firenze, attualmente in corso presso i Laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure alla Fortezza da Basso. Più legato direttamente ai lavori del riallestimento è stato il restauro della Pala del Bosco ai Frati, capolavoro realizzato con il finanziamento dei Friends of Florence.
Cosa la emoziona di più dei capolavori presenti nel Museo di San Marco?
Il fatto che molti di essi sono tuttora nella loro ubicazione originale: basti pensare agli affreschi del Beato Angelico – da quelli al piano terra, con la stupenda Crocifissione della ex-sala capitolare al ciclo celeberrimo delle celle del Dormitorio – oppure le parti superstiti della grandiosa Pala di San Marco dipinta dal grandissimo artista nel 1438-40 circa per l’altar maggiore della chiesa e oggi esposte nella sala a lui dedicata.
Entriamo insieme all’interno del Museo: le opere da non perdere?
Quando il visitatore appena entrato si trova nel chiostro di Sant’Antonino vede in fondo l’affresco dell’Angelico con san Domenico ai piedi del Crocifisso. Ma tutto l’Angelico a San Marco non si può perdere! E, al primo piano, dopo le celle affrescate, da non perdere l’unica immagine tridimensionale di Fra Girolamo Savonarola fino ad oggi conosciuta: il suo busto in terracotta dipinta, attribuito a Marco Della Robbia, accolto nel convento con il nome di Fra Mattia.
C’è un’opera meno conosciuta che vale assolutamente la pena vedere?
La grande tela oggi riconosciuta a Piero del Pollaiolo – soprattutto in passato ingiustamente oscurato dal più celebre fratello Antonio -, raffigurante Sant’Antonino Pierozzi ai piedi del Crocifisso, dipinta nel 1483. L’opera fu realizzata per la tomba del santo assai venerato dai fiorentini nella chiesa di San Marco e fu riscoperta all’interno del convento nel 1907.
Pensa che i social possano essere un modo efficace per avvicinare i più giovani all’arte?
È difficile sostenere il contrario ai giorni nostri. Completamente diverso il discorso sulla qualità e sulla durata di tale avvicinamento dei giovani all’arte. So benissimo di esprimere un’opinione minoritaria, ma io preferisco di gran lunga la qualità alla quantità.
Un progetto che le piacerebbe sviluppare in futuro?
Dopo aver coordinato il riallestimento della Sala del Beato Angelico vorrei riallestire anche la suggestiva Sala del Refettorio grande con il grande affresco di Giovanni Antonio Sogliani sulla parete di fondo dipinto nel 1536, raffigurante il Miracolo dei domenicani sfamati dagli angeli e con alle pareti un’importante rassegna di dipinti appartenenti alla cosiddetta Scuola di San Marco. E poi mi piacerebbe realizzare insieme a due colleghi una mostra dedicata alla fortuna del Beato Angelico nel XIX secolo e fino alla metà del Novecento.
La sua Firenze in un’immagine.
Non mi so decidere tra il Battistero e San Miniato al Monte… e faccio finta di dimenticarmi di Santa Croce e di Santa Maria Novella.
testo di Martina Olivieri per la rivista BIAF2022
Buon lavoro direttore! È sempre un piacere entrare al Museo, un vero ristoro per gli occhi e soprattutto il cuore.
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