Il ritratto del Beato Angelico dipinto da Carlo Dolci raccontato in un video da Angelo Tartuferi

Ad arricchire la collezione di opere d’arte del Seicento del Museo di San Marco, nella rinnovata Sala del Beato Angelico dopo anni di oblio torna visibile un pregevole olio su tela di Carlo Dolci (1616-1687), fra i più grandi e popolari pittori del barocco fiorentino. Il soggetto? Ritratto “ideale” di Beato Angelico.

A parte la differenza di stile, Angelico e Dolci sono legati da alcune evidenti affinità: furono entrambi pittori di arte sacra, condivisero una sincera fede religiosa ed ebbero in comune un rapporto con l’ordine domenicano, Angelico come frate e Dolci come membro laico di una compagnia che aveva sede in Santa Maria Novella.

«È forse nel bacino del pensiero dell’ordine dei predicatori che sia l’Angelico che il Dolci impararono a intendere le proprie pitture come coadiuvanti alla preghiera e alla contemplazione. Da un punto di vista personale, essi concepivano l’arte sacra come meditazione spirituale privata, condotta per figure dipinte; mentre, dal punto di vista del destinatario dell’opera finita, le immagini che dipingevano si proponevano come basi sensibili su cui impostare visualizzazioni interiori durante la preghiera» (Giovanni Serafini, 2015)

Questo legame ideale fra i due artisti, sottolineato dalla critica moderna, era già ben presente ai contemporanei del Dolci, se si considera che furono proprio i suoi maestri, Matteo Rosselli e Jacopo Vignali, a chiedergli di eseguire questo ritratto di Beato Angelico, e non altri soggetti, come opera di affiliazione all’Accademia fiorentina del Disegno (1648).

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Un ritratto che, come giustamente rilevava Padre Vincenzo Marchese (1845), «se probabilmente non offre i veri lineamenti dell’Angelico (…) ne ritrae però a maraviglia l’indole soavissima e grandemente religiosa».

Di Carlo Dolci e del suo Ritratto ideale di Beato Angelico parla Angelo Tartuferi, Direttore del Museo di San Marco, in un video pubblicato sul canale Youtube del museo:

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