“La libertà non è una condizione fissa, è una lotta. Ogni mostra rappresenta una lotta per la libertà. Nella lotta si vede la libertà”. Così l’acclamato artista cinese Ai Weiwei sul significato di “Libero”, la rassegna antologica di Palazzo Strozzi a lui dedicata, la prima in Italia, che sta per concludersi a Firenze. “Libertà va cercando”, così Virgilio, nel primo canto del Purgatorio, parla di Dante con l’anima di Catone l’Uticense, che preferì togliersi la vita pur di non perdere la propria libertà sotto il giogo di Cesare. Il fiorentino Dante e il cinese Ai Weiwei, due “cercatori” di libertà. Più spirituale, quella di Dante; più politica (e provocatoria), quella di Ai Weiwei.
Il ritratto di Dante in LEGO, non a caso, è uno dei protagonisti della sala della mostra dedicata al “Rinascimento”, qui interpretato nella sua (spesso taciuta) ambiguità. Da un lato, la perfezione classica e assoluta, razionale e metafisica, di due figure geometriche descritte da Fra Luca Pacioli nel De Divina Proportione e disegnate da Leonardo da Vinci (qui ricostruite in rame e legno col titolo di Divina Proportio e Wooden Ball). Dall’altro lato, la ferita inferta a quell’ideale armonia dalla “dissidenza” di quattro exempla toscani in LEGO (Dante, Filippo Strozzi, Savonarola e Galileo), costretti dal potere di turno, politico o religioso, a subire l’esilio, la prigionia, la diffamazione e, nel caso di Savonarola, anche il martirio.

Divina Proportio e Wooden Ball (Palla di legno) sono modelli tridimensionali di poliedri, realizzati in rame e legno e uniti, senza colle, con il sistema di incastri e giunture tipico dell’artigianato Ming. Ai Weiwei, con spirito antiquario, recupera il “saper fare” e i materiali della storia cinese, rifiutati, se non distrutti, dalle ideologie (comunismo e capitalismo), per ricomporli in nuove proposte creative. In questo caso, si tratta di due “icosaedri troncati” di mitica origine archimedea, uno solido e uno vuoto, le cui facce sono costituite da esagoni e pentagoni.


Tradizione costruttiva cinese, “divine proporzioni” rinascimentali, prospettive leonardesche…ma anche molto meno. È lo stesso artista a rivelare che il primo incontro con quelle perfette figure geometriche è avvenuto osservando la palla del suo gatto (anche il tradizionale pallone da calcio, aggiungiamo noi, è un icosaedro troncato). Per Ai Weiwei, dunque, anche il celebrato Rinascimento, come del resto ogni idea istituzionale, deve essere sottoposto a critica, demitizzato e ricondotto a dimensioni più terrene.
Allo stesso modo, i quattro ritratti di dissidenti toscani, ripresi fedelmente da più o meno noti dipinti della storia dell’arte, vengono riproposti in versione Pop, trasformati sia nelle dimensioni (più grandi degli originali) sia, soprattutto, nella tecnica esecutiva (assemblaggio di mattoncini LEGO). Una scelta in continuità con la serie dei “Rebelling People” in LEGO, iniziata con 176 ritratti di dissidenti politici nel penitenziario di Alcatraz e arricchita in occasione di altre mostre. I “dissidenti”, per Ai Weiwei, sono innanzitutto “coloro che hanno perso la libertà o che sono stati privati della possibilità di esprimere il proprio pensiero”. Ma, per l’artista cinese, “dissidenti” furono anche i primi artisti del Rinascimento, “pionieri” e “controcorrente” rispetto all’arte tradizionale, “portatori di valori nuovi”. Nei quattro ritratti di dissidenti toscani, per la prima volta, la scelta è caduta su personaggi non contemporanei, a sottolineare il rapporto inscindibile (e non sempre armonico e rassicurante) tra Firenze e la sua storia.




C’è una suggestiva memoria d’infanzia che, come un piccolo segno del destino, collega Ai Weiwei al nostro Rinascimento. Da bambino, quando il padre poeta fu condannato al confino nella desolazione del Gobi, tra i pochi libri consentiti ve n’era uno, illustrato con due immagini: la Nascita di Venere e la Primavera di Sandro Botticelli. Nel dicembre 2015, durante una visita a Firenze in preparazione della mostra, Ai Weiwei si reca agli Uffizi per vedere dal vero i due dipinti. Nella stessa occasione, viene accompagnato nei laboratori di restauro dell’Opificio per apprezzare, in anteprima, l’Adorazione dei Magi di Leonardo.

Agli Uffizi Ai Weiwei dona un proprio autoritratto Pop, composto di mattoncini LEGO come nella serie dei “Rebelling People”, a sottolineare, non senza un pizzico di narcisismo, la propria “dissidenza”, politica e artistica. Nel periodo della mostra, una Surveillance Camera in marmo viene puntata sul Corridoio Vasariano da un finestrone della Galleria. La telecamera di sorveglianza ricorda la detenzione di Ai Weiwei e gli arresti domiciliari imposti dal regime cinese. Ma il fatto che sia puntata sul Corridoio di Cosimo I, simbolo del dominio autocratico sulla città (altra faccia del Rinascimento), ne amplifica il significato, trasformandolo in un atto di accusa contro ogni potere.


Anche l’istallazione Refraction (Rifrazione), montata al centro dell’euritmico cortile di Palazzo Strozzi, altro simbolo dell’idea rinascimentale, assume una valenza ambigua. L’ enorme “ala” metallica fatta di pannelli di cucine solari tibetane, pensata per la prigione di Alcatraz, non riesce a levarsi in volo, come se le armoniose archeggiature e le colonne del palazzo, reinterpretate come sbarre di detenzione, le negassero la libertà.
Ai Weiwei mostra avversione per ogni autorità consolidata e ogni sistema istituzionale. Nella serie fotografica Study of Perspective (Studio di prospettiva), l’ordinata visione prospettica, tipica del Rinascimento, è alterata da un violento spirito dissacratorio. In primo piano il dito medio dell’artista, sullo sfondo i simboli dell’egemonia politica e culturale di tutto il mondo, riletti secondo una “nuova prospettiva”: il Mausoleo di Mao, la Casa Bianca, la Torre Eiffel, la Monna Lisa, il Colosseo, il Parlamento tedesco…e persino lo stesso Palazzo Strozzi (con buona pace della Fondazione che ha voluto la mostra).
Ai Weiwei è stato talvolta definito come “artista del Rinascimento” nel mondo di oggi. Ci sono, effettivamente, tre aspetti singolari. Il primo è l’interesse umanistico, l’attenzione esclusiva per tutto ciò che riguarda l’uomo come individuo, nel bene o nel male. Il secondo aspetto è il suo eclettismo, la versatilità artistica nel misurarsi con tecniche, materiali e discipline eterogenee: architettura, fotografia, scultura, pittura, artigianato, scrittura, social media…una sorta di “arte totale”. Il terzo aspetto, come già anticipato a proposito dei poliedri in legno su disegno di Leonardo, è la passione per il collezionismo antiquariale e il recupero, come un archeologo, sia delle antiche tecniche di lavoro, sia dei più disparati frammenti materiali della tradizione cinese: utensili preistorici, vasellame, carpenterie, pezzi di mobilio, pezzi di edifici…

Il rapporto con la storia e la tradizione, tuttavia, è dialettico e ambiguo, un oscillare continuo tra appartenenza e ribellione, recupero, distruzione e creazione. “Lo spirito creativo” – sostiene Ai Weiwei – “onora la tradizione rompendo con la tradizione”. Per questo i frammenti antiquariali, svuotati di senso dopo le devastazioni di Mao e del consumismo, vengono ricomposti in nuove proposte attualizzate, “ricreati” e dotati di nuovi significati. Ecco, quindi, in contesti contemporanei, l’inserimento di elementi di pregiato mobilio tradizionale, così come i mosaici e gli incastri di pezzi antichi. Ecco, anche, come scelte estreme e provocatorie (e, francamente, poco condivisibili), la riverniciatura con colori industriali di preziose ceramiche secolari o, addirittura, la loro intenzionale e plateale distruzione.

Smontare per riassemblare, destrutturare per ricreare (proprio come avviene con i mattoncini LEGO). Sembra questa una delle tante chiavi di lettura dell’opera di Ai Weiwei. È su questa linea la più provocatoria installazione della retrospettiva fiorentina, la serie di gommoni rossi di salvataggio ancorati a due facciate di Palazzo Strozzi. Il titolo stesso, Reframe, rivela l’intenzione di “montare una nuova cornice” attorno alle bifore del palazzo e, al contempo, “smontare” le nostre opinioni sul mondo d’oggi per “incorniciarle diversamente”, offrendo una visione inedita, una nuova prospettiva. Le perfette armonie dell’architettura rinascimentale sono messe a rischio dai gommoni di Ai Weiwei, così come lo sono le sicurezze del nostro mondo. Se un anno fa era il Konzerthaus di Berlino a subire l’assalto dei giubbotti di salvataggio dei migranti, oggi è il turno di Firenze, capitale del Rinascimento.
Ai Weiwei, onestamente, sembra piuttosto lontano dalla nostra cultura storica e artistica. La sua formazione è eterogenea e non convenzionale. Dopo studi di tecnica cinematografica e un esordio artistico influenzato dal postimpressionismo europeo, come era tipico della tradizione accademica in Cina, si trasferisce a New York, dove studia le opere di Andy Warhol, Jasper Johns e, soprattutto, Marcel Duchamp, da lui definito “la figura più influente, se non l’unica, nel mio cosiddetto esercizio artistico”.
“Dobbiamo andare al di là della performance estetica” – sostiene Ai Weiwei – “noi artisti abbiamo una responsabilità e non possiamo sottrarci ad essa”. L’arte ha un valore politico e sociale (un suo motto è “Tutto è arte, tutto è politica”), in un mix di tecniche e stili, dove si fondono echi di arte concettuale, Pop, Dada e Ready-made. “La creatività” – secondo Ai Weiwei – “è il potere di rifiutare il passato, cambiare lo status quo e cercare nuovo potenziale. In poche parole, oltre all’utilizzo della propria immaginazione, la creatività è forse soprattutto il potere di agire”.
Ci si può chiedere, con le parole di Cristina Acidini nella conferenza stampa di presentazione della mostra, “se possa esistere un’arte senza valori estetici e intesa solo come creatività. È arte questa? Certamente, è pensiero e azione”. Qui sta tutta la problematicità di tante produzioni artistiche contemporanee. Da qui nascono, spesso, contestazioni e polemiche.
“Non siamo mai stati così liberi, ma al contempo questa condizione ci incatena; perché più siamo liberi, più ci rendiamo conto di essere in catene”. Così Ai Weiwei nel catalogo della mostra. È un giudizio sul mondo moderno e sulla natura contraddittoria e irrisolta del nostro vivere da uomini liberi. Ma, inevitabilmente, che piaccia o no, è anche un giudizio sulla pretesa libertà dell’arte contemporanea e degli artisti di oggi. Incluso Ai Weiwei.
Alessandro Santini
Per saperne di più:
Arturo Galansino (a cura di), Ai Weiwei. Libero, Catalogo della mostra: Firenze, Palazzo Strozzi, 23 settmbre 2016-22 gennaio 2017, Giunti, Firenze 2016
Arturo Galansino, Ai Weiwei, “Art e Dossier”, Giunti, Firenze 2016
Hans Ulrich Obrist, Ai Weiwei Speaks with Hans Ulrich Obrist, Penguin, 2011
Anche l’ultima puntata non ha tradito le aspettative. Una piacevolissima lettura ed il finale “aperto” lascia sperare in future puntate.
E quindi a “rileggere” a presto nuovi racconti.
"Mi piace""Mi piace"