Il Museo di San Marco com’era una volta. Agli Uffizi, una mostra di fotografie scattate ai primi del Novecento.

copertina catalogo

Fino al prossimo 1 febbraio, nella “Sala del camino” degli Uffizi è visitabile la mostra “IERI. I Musei”, curata da Marilena Tamassia, che dirige il Gabinetto Fotografico della Soprintendenza. Oltre cinquanta fotografie in bianco e nero, scattate fra la fine dell’800 e gli anni Venti del ‘900, documentano gli allestimenti storici di alcuni dei più importanti musei fiorentini: Uffizi, Accademia, Galleria d’Arte moderna, Bargello, San Marco e Cenacolo di San Salvi. Dal Museo di San Marco, in particolare, provengono fotografie di assoluta suggestione, fra cui l’immagine simbolo della mostra e copertina del catalogo. Vedute lontane e seducenti, quasi irreali ed astratte. Che ci parlano degli spazi espositivi di “ieri” e, allo stesso tempo, ci interrogano sui significati e le funzioni dei musei al giorno d’oggi.

Le fotografie in mostra provengono dal Gabinetto Fotografico, istituito nel 1904 dal soprintendente Corrado Ricci per documentare, attraverso la nuova tecnica fotografica, le opere delle gallerie fiorentine. Prima di allora, infatti, se si eccettua un nucleo pionieristico di foto scattate alla fine dell’800, la documentazione grafica era stata affidata essenzialmente alle stampe e alle incisioni, talvolta ai disegni e alle copie pittoriche. Le prime campagne fotografiche del Gabinetto si devono a Vincenzo Perazzo (1905-19) e a Niccolò Cipriani (a partire dal 1916), sotto la direzione di Corrado Ricci e poi, dal 1906, di Giovanni Poggi.

Fra le fotografie in esposizione, la più curiosa è quella che raffigura La Gioconda nella Sala degli autoritratti agli Uffizi nel dicembre del 1913:

Gioconda agli Uffizi

Come è noto, la Monna Lisa fu clamorosamente trafugata dal Louvre nel 1911 per mano del varesotto Vincenzo Peruggia, che in quel periodo svolgeva alcuni lavori di restauro all’interno del museo parigino. Due anni dopo, Peruggia portò il dipinto a Firenze per cercare di venderlo ad un gallerista della città. Arrestato e processato, fu condannato ad una pena lieve, 7 mesi e 8 giorni, peraltro mai scontati. Giocarono in suo favore le motivazioni “patriottiche” del furto (dichiarò di volere vendicare le “ruberie napoleoniche”) e una supposta infermità mentale. La Francia, grata per la correttezza dei funzionari italiani, concesse che la Gioconda, prima di tornare in patria, potesse essere esposta a Firenze e poi a Roma.

Fra le altre fotografie in mostra, colpiscono quelle della Galleria dell’Accademia, che diventa il museo di Michelangelo:

Galleria dell'Accademia

Le immagini documentano l’allestimento attorno al 1909, quando vi furono trasportati i Prigioni, il Torso di fiume e il San Matteo. Accanto agli originali, con intento celebrativo ma anche didattico, vengono collocate le copie delle opere non fiorentine. In questa foto, si distinguono il Torso di fiume, o Divinità fluviale, oggi a Casa Buonarroti, e le copie dello Schiavo morente del Louvre, del Mosè e della Pietà Rondanini.

Le fotografie del Museo di San Marco, aperto al pubblico nel 1869, ci proiettano in una dimensione surreale, quasi onirica, quella che Antonio Natali, Direttore degli Uffizi, ha definito, a proposito di questa mostra, “poesia del silenzio dei tempi andati, una poesia da tener ferma nel cuore”. Ecco come appariva il Chiostro di San Domenico:

Chiostro di San Domenico

Chiostro di San Domenico copertina

 Chiostro San Domenico 2

Chiostro San Domenico 3

Chiostro San Domenico 4

Chiostro San Domenico 5

Chiostro San Domenico 6

Nel Chiostro di San Domenico, grazie a Guido Carocci, storico direttore del museo, fu collocata gran parte dei frammenti architettonici salvati dalle demolizioni di fine ‘800 nell’area del Mercato Vecchio, l’attuale Piazza della Repubblica. A Carocci, che si era opposto strenuamente all’operazione di “risanamento” del vecchio centro cittadino, si deve l’inaugurazione, nel 1898, del “Museo di Firenze antica” (o “della vecchia Firenze”, come si diceva allora), tutt’ora visitabile nelle sale dell’antica “Foresteria” del convento. Nei primi anni ’70, i frammenti esposti nel chiostro vennero spostati in altri spazi del museo e nel “Lapidario” sotterraneo.

La mostra documenta anche l’allestimento storico della Biblioteca:

Biblioteca

Alle pareti, si vedono ancora gli armadi del ‘600, mentre le grandi vetrine al centro e il pavimento “alla palladiana” risalgono all’800. Nel 1955, sotto la direzione di Guido Morozzi, l’interno fu radicalmente restaurato. Gli armadi, trasferiti in un primo momento nel complesso delle Oblate, hanno trovato collocazione definitiva presso l’Accademia della Crusca nella Villa medicea di Castello. Il pavimento attuale è in cotto moderno, mentre nella cosiddetta “Sala Greca”, annessa alla sala principale della Biblioteca, è ancora visibile la “palladiana” ottocentesca.

Ecco com’erano le sale “dell’Ospizio” e del “Refettorio Grande”:

Ospizio

Refettorio

Nei primi anni Venti, su iniziativa di Giovanni Poggi, nella Sala “dell’Ospizio dei Pellegrini” furono raccolti i dipinti su tavola dell’Angelico provenienti dagli Uffizi e dall’Accademia. In occasione della grande mostra su Beato Angelico del 1955, per il quinto centenario della morte, le tavole vennero trasferite nel Refettorio Grande e vi rimasero fino al 1980, quando furono ricollocate nella Sala dell’Ospizio, dove si trovano tutt’oggi.

Infine, il piccolo Chiostro “della Spesa”:

Chiostro della spesa

Sulla sinistra, appare ancora tamponata la prima campata del loggiato e, al centro, si nota una Venere in marmo, di provenienza ignota, oggi conservata nel Lapidario del museo.

Marilena Tamassia, curatrice della mostra, sottolinea nel catalogo come i primi fotografi della Soprintendenza abbiano “saputo superare i limiti imposti dalla tecnica, regalandoci queste inquadrature suggestive di ampi spazi silenti e malinconici, che contrastano con la folla variopinta di oggi”. Il fatto è che “la visita al museo dei primi del Novecento era parte di un percorso di istruzione: vi si entrava come in chiesa, aggirandosi tra le sale con occhio ammirato e guida alla mano. Le fotografie storiche in mostra presentano sale vuote, silenti, spazi carichi di storia dove si consuma il rito dell’iniziazione culturale”. Scrive, in conclusione, la curatrice della mostra: “Oggi auspico che non esistano musei che si “devono”vedere, ma musei che si “vogliono” vedere, perché anche per merito loro oggi siamo più colti ed evoluti, cittadini che costruiscono un mondo migliore”. Non poteva essere detto meglio.

Rispetto ad un’idea di museo che è mutata, da esperienza culturale d’élite ad attrazione del turismo di massa, si può scegliere di rifugiarsi in una visione nostalgica dei bei tempi di IERI. Oppure, con generosità, coraggio e creatività, si può accettare la sfida politica e culturale, complessa e affascinante, che ci impongono i musei di OGGI.

Alessandro Santini

Mostra

 Per saperne di più:

IERI. I musei. Allestimenti storici dei Musei fiorentini nelle immagini del Gabinetto Fotografico, catalogo della mostra, a cura di Marilena Tamassia, Sillabe 2014.

Un commento

  1. Affascinanti atmosfere di ieri che hanno lasciato tracce nascoste nell’oggi: le sedute dell’Ospizio, le panche del Refettorio e un custode mollemente vigile nel Chiostro di San Domenico. Recenti studi sul profilo genetico ricavabile dagli antichi dagherrotipi potrebbero portare a risolvere il mistero della logevità dell’Homo Marcianus…

    "Mi piace"

Lascia un commento