Firenze nascosta. Fra Angeli e Angiolini, un affresco sorprendente di Beato Angelico (forse)

Affresco mutilati - zoom volti

Che cosa ci fa un Beato Angelico alla Casa del Mutilato di Firenze? La sede fiorentina dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, in piazza Brunelleschi, vanta una piccola e quasi ignota raccolta d’arte, con opere di Bernardino Poccetti, Pier Dandini e un suggestivo Cristo nel Getsemani di Galileo Chini, che lo intitolò Il Tradìto. Ma è un frammento di affresco staccato, con accanto la sua sinopia, a rendere la raccolta speciale. Una Madonna col Bambino, frammentaria ma di qualità sorprendente, presentata nel 2006 alla mostra fiorentina su Lorenzo Monaco con un’ attribuzione audace e importante: opera di Beato Angelico.

Affresco mutilati

Nel 1984 il dipinto, conservato nei depositi della Soprintendenza di Villa Corsini di Castello, venne consegnato all’ Associazione Mutilati in quanto risultava provenire dal convento fiorentino di Santa Maria degli Angeli. L’ Associazione Mutilati, infatti, negli anni ’30 del ‘900 acquisì dall’Ospedale di Santa Maria Nuova gran parte degli ambienti che costituivano l’antico complesso monastico di Santa Maria degli Angeli di via degli Alfani, soppresso in età napoleonica, che includeva la chiesa, i chiostri e il Tempio degli Scolari (più noto come Rotonda Brunelleschi).

Tre conventi con lo stesso nome e una “riconsegna” sbagliata

Paradossalmente, la “riconsegna” del 1984 è avvenuta per errore. Uno scambio di conventi con lo stesso nome, o quasi. Come hanno dimostrato le ricerche condotte da Divo Savelli e Daniela Parenti, in realtà l’affresco non proviene dal monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli di via degli Alfani, bensì dal convento domenicano (poi Conservatorio) di Santa Maria degli Angeli o “degli Angiolini” di via della Colonna.

L’errore è facilmente spiegabile. L’area di Firenze a nord-est del duomo (fra porta San Gallo e Porta a Pinti delle mura trecentesche) è stata caratterizzata per secoli, prima delle espansioni di fine ‘800, da ampi spazi non edificati, utilizzati come orti e giardini (residui del boscoso “Cafaggio” altomedievale), da almeno tre opifici dell’Arte della Lana per l’asciugatura dei panni (i “tiratoi”) e da numerose fondazioni religiose. E’ la zona in cui Lorenzo il Magnifico, che vi possedeva già alcune case, desiderava costruire, su disegno dei Sangallo, una sontuosa villa urbana (il nome “via Laura”, forma abbreviata di “via Laurenziana”, è un riferimento evidente al “Magnifico Lorenzo”).

Per una curiosa coincidenza, in questa zona della città, a distanza di poche centinaia di metri, nacquero due conventi con lo stesso nome, Santa Maria degli Angeli (o degli Angioli): il monastero camaldolese di via degli Alfani e il convento domenicano femminile di via della Colonna, detto anche “degli Angiolini”. Come se non bastasse, nel ‘600 se ne aggiunse un terzo, quando nel monastero cistercense di Borgo Pinti (l’antico “Cestello”) si trasferirono le suore carmelitane, portando con sé il nome del convento d’origine in Oltrarno, per l’appunto Santa Maria degli Angeli, poi cambiato in  Santa Maria Maddalena dei Pazzi, soppresso nel 1866 e tagliato in due dalla prosecuzione di via della Colonna fino a piazza D’Azeglio (ma rimane ancora la chiesa). Santa Maria degli Angeli, uno stesso nome per tre conventi diversi e così vicini! E’ davvero facile confondersi, come è accaduto alla Soprintendenza nel 1984 (ad esser pedanti, ci sarebbe anche il convento delle clarisse di Santa Maria degli Angeli di Montedomini, ma è meglio non esagerare…).

Pianta di Stefano Bonsignori, 1584-1594 GIALLO: Monastero di Santa Maria degli Angeli; ROSSO: Convento di Santa Maria degli Angiolini; AZZURRO: Convento di Santa Maria degli Angeli o di Santa Maria Maddalena de Pazzi
Pianta di Stefano Bonsignori, 1584-1594
GIALLO: Monastero di Santa Maria degli Angeli; ROSSO: Convento di Santa Maria degli Angiolini; AZZURRO: Monastero del Cestello, poi Convento di Santa Maria degli Angeli o di Santa Maria Maddalena de Pazzi

Santa Maria degli Angeli e le tracce dell’Angelico

Il Monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli di via degli Alfani (l’antica via “degli Angioli”) è uno dei luoghi fondamentali della storia culturale e artistica di Firenze. Nel monastero, verso la fine del ‘300, si sviluppa  un’importante scuola di miniatura (la “scuola degli Angeli”), animata da monaci-artisti quali Simone “camaldolese”, Silvestro Gherarducci  e Lorenzo Monaco. Lorenzo, miniatore e pittore, è fra i più importanti esponenti della pittura tardo-gotica fiorentina, nonché uno dei possibili maestri del giovane Beato Angelico. Per il monastero, Lorenzo Monaco nel 1414 dipinge il suo capolavoro, l’Incoronazione della Vergine, oggi agli Uffizi, datata e firmata (nell’iscrizione, con un certo orgoglio, Lorenzo si definisce “monaco dell’ordine camaldolese”).

Lorenzo Monaco, Incoronazione della Vergine da Santa Maria degli Angeli, Firenze, Galleria degli Uffizi
Lorenzo Monaco, Incoronazione della Vergine da Santa Maria degli Angeli, Firenze, Galleria degli Uffizi

Dai documenti si deduce che, a cavallo fra Tre e Quattrocento, la famiglia dell’Angelico (che si chiamava ancora, da laico, Guido di Pietro) lascia il Mugello per Firenze, dove va ad abitare proprio a due passi da Santa Maria degli Angeli, nel popolo (o parrocchia) di San Michele “Bisdomini” (oggi diciamo “Visdomini”). Nello stesso popolo, in una casa presa in affitto dai monaci camaldolesi, abita anche Battista di Biagio Sanguigni, miniatore legato alla “scuola degli Angeli”, amico di Beato Angelico e forse suo socio di bottega. Sarà proprio il Sanguigni, nel 1417, a farsi garante per l’ingresso dell’Angelico nella compagnia religiosa di San Niccolò presso la chiesa del Carmine. Anche a prescindere  da un alunnato presso Lorenzo Monaco, è verosimile pensare che il giovane Angelico avesse contatti con il monastero degli Angeli. Sia per quanto riguarda la sua formazione artistica, sia, come suggerito dallo storico domenicano Tito Centi, per una prima conoscenza delle istanze riformatrici domenicane (nel monastero camaldolese, infatti, era nato un circolo di studio e preghiera ispirato a Caterina da Siena).

Nei primi decenni del ‘400 Santa Maria degli Angeli, grazie al monaco Ambrogio Traversari, scrittore, teologo e collaboratore di papa Eugenio IV, diventa un centro fondamentale per lo studio delle lettere classiche, la riscoperta  della Patristica greca e la diffusione della prima cultura umanistica. E’ in questo contesto che,  già frate domenicano e artista affermato (siamo vicini al 1430), Beato Angelico dipinge per il monastero camaldolese il celebre Giudizio Universale, oggi al Museo di San Marco.

Beato Angelico, Giudizio Finale. Firenze, Museo di San Marco
Beato Angelico, Giudizio Finale. Firenze, Museo di San Marco
Il monastero di Santa Maria degli Angeli su via degli Alfani
Il monastero di Santa Maria degli Angeli su via degli Alfani
Rotonda Brunelleschi e ingresso della Casa del Mutilato
Rotonda Brunelleschi e ingresso della Casa del Mutilato

Gli “Angiolini”, un convento da riscoprire

Abbiamo detto dei legami fra Beato Angelico e il Monastero degli Angeli. Se la Madonna col Bambino della Casa del Mutilato provenisse veramente dal complesso camaldolese, come interpretò la Soprintendenza nel 1984, l’attribuzione all’Angelico troverebbe una nuova e suggestiva conferma.

In realtà, come già accennato, il dipinto viene da un contesto diverso, se pur nella stessa zona e con lo stesso nome: il convento (poi Conservatorio) di Santa Maria degli Angeli, fra via Laura e via “Laura a Pinti” (oggi via della Colonna), fondato ai primi del ‘500 da sei donne fiorentine che adottarono la regola delle Terziarie Domenicane. Per distinguerlo dall’omonimo e più noto monastero camaldolese di via degli Alfani (anche a quei tempi ci si poteva confondere!), il convento era chiamato  Santa Maria degli Angioli a Pinti oppure Santa Maria degli Angiolini (talvolta era anche detto di San Michele). Il complesso degli Angiolini si sviluppò  progressivamente nel corso del ‘500 con l’aumentare del numero delle religiose (la singola casa degli inizi,  l’aggregazione di altri edifici e degli “orti”, la costruzione della chiesa, consacrata nel 1571), fino ad includere buona parte dell’isolato che, secondo l’attuale toponomastica, è compreso fra via della Colonna e via Laura sui lati lunghi, via della Pergola e Borgo Pinti sui lati brevi (la facciata principale, con l’ingresso della chiesa, è su via della Colonna). Gli orti si estendevano ben oltre via Laura, verso l’attuale via Giusti, al pari di alcuni edifici, separati dalla struttura principale, acquisiti successivamente in via Laura e via della Pergola, a ridosso del Convento della Crocetta, anch’esso domenicano femminile e fondato in via Laura ai primi del ‘500. Per raggiungere gli orti e i nuovi edifici senza scendere in strada,  nel rispetto delle regole della clausura, fra Cinque e Seicento si costruirono sottopassi e cavalcavia, ancora visibili. Dopo ulteriori ampliamenti seicenteschi, ristrutturazioni e interventi decorativi (si pensi all’ Ultima cena di Matteo Rosselli nel refettorio, ai dipinti e agli stucchi barocchi della chiesa), nel 1785 il convento fu trasformato in Conservatorio per l’istruzione delle fanciulle (è tutt’oggi una scuola secondaria). Fra il 1996 e il 2009 il complesso degli Angiolini è stato oggetto di importanti interventi di restauro, che hanno interessato la chiesa con il suo patrimonio artistico, il “coretto delle monache” e la cosiddetta “sala della Duchessa”.

Convento di Santa Maria degli Angiolini su via della Colonna
Convento di Santa Maria degli Angiolini su via della Colonna
Chiesa del convento di Santa Maria degli Angiolini su via della Colonna
La chiesa del convento
Convento di Santa Maria degli Angiolini, prospetto su via Laura angolo via della Pergola e cavalcavia del XVII sec.
Convento di Santa Maria degli Angiolini, prospetto su via Laura angolo via della Pergola e cavalcavia del XVII sec.

Un affresco che sorprende

Risolti gli equivoci e chiarito il contesto (almeno si spera), è il momento di concentrarci sulla Madonna col Bambino della Casa del Mutilato.

Affresco mutilati - Copia

Si tratta di un’opera che, nonostante le lacune, rivela senz’altro una qualità inaspettata. Come dice Divo Savelli nel catalogo della mostra su Lorenzo Monaco del 2006, “l’immagine è monumentale e solenne, ma delicata e dolcissima al tempo stesso. Da essa traspaiono grande naturalezza e umanità”. Colpiscono i morbidi passaggi di colore, i tratti gentili della Vergine e la dolcezza dei suoi occhi, ma anche la fresca vivacità del Bambino, sia nell’espressione “vispa”, sia nel movimento per niente scontato.

Affresco mutilati - dettaglio

Biondo e svestito, abbracciato alla madre con gesto affettuoso e dinamico (una manina sul collo, l’altra sulla spalla della Vergine), il Bambino volge lievemente lo sguardo da un altra parte (verso qualcuno?). Effettivamente, non si può escludere del tutto che, nella frammentarietà del dipinto, siano andate perdute altre figure (angeli, santi o committenti). Dietro la Vergine, in alto e sulla destra, si intravede un tessuto rosso-bruno decorato con gigli dorati, ancora parzialmente leggibili.

La stella sulla spalla della Vergine e lo sfondo rosso con gigli d'oro
La stella sulla spalla della Vergine e lo sfondo rosso con gigli d’oro

Potrebbe essere la traccia di uno sfondo decorato, ad imitazione di un tessuto a ricami, dipinto dietro le figure. Ma potrebbe anche essere il drappeggio che riveste il trono su cui siede Maria (è il caso delle Madonne in trono), o che ricopre un sedile più semplice, un cuscino o direttamente la terra (è il caso delle Madonne dell’umiltà). Potrebbe, trattarsi, in alternativa, del tendaggio decorato (la cosiddetta “cortina”), retto da angeli in molte Madonne col Bambino, che si frappone fra le figure e lo sfondo, isolandole e conferendo loro un particolare risalto. Lo stesso tendaggio, che in evoluzioni successive,  è il caso di molte Sacre Conversazioni, divide, magari assieme ad uno schermo architettonico, lo spazio delle figure dallo sfondo di paesaggio (spesso un giardino con alberi). Sulla spalla sinistra della Vergine, ritratta in veste chiara orlata d’oro e coperta dal tipico manto azzurro simbolo del Cielo, si intravede la stella dorata, attributo di Maria “stella del mattino”, la stella più luminosa del firmamento prima del sorgere del sole (cioè prima della nascita di Gesù). Le due aureole, infine, non sono piatte bensì in rilievo, dorate e incise, con doppia ghiera e raggi “a tacche”.

Per quanto riguarda la sinopia, il disegno è veloce e sintetico, privo di dettagli e lontano da ogni volontà calligrafica, indice di una mano sicura e di un certo “mestiere”, ma anche, forse, di una pittura “di genere”.

Sinopia dell'affresco della Casa del mutilato
Sinopia dell’affresco della Casa del mutilato

Il ritrovamento

Secondo gli studi di Divo Savelli e Daniela Parenti, l’affresco fu rinvenuto, attorno al 1965, in un sottoscala del Conservatorio di Santa Maria degli Angiolini in via della Colonna ed è probabile che sia lo stesso dipinto descritto nel 1915 “in una stanzetta dietro la chiesa a terreno”.

L’affresco, già in cattive condizioni, aderiva ancora ad una struttura muraria. Il restauro fu condotto da Guido Botticelli sotto la direzione di Dino Dini, che in quel periodo, nello stesso Conservatorio, stava eseguendo lo “strappo” dell’Ultima Cena affrescata da Matteo Rosselli nel ‘600. Secondo il resoconto del restauro, nel 1965 venne eseguito il “distacco a strappo di un frammento di affresco raffigurante la Madonna col Figlio da un ex tabernacolo e della sinopia”, dopodiché furono effettuate la “riapplicazione su supporti in poliestere”, la “pulitura del colore” e la “ritoccatura pittorica”.

Il dipinto e la sinopia furono poi trasferiti nel deposito della Soprintendenza, la Limonaia di Villa Corsini a Castello, dove rimasero fino al 1984, quando vennero affidati alla sezione fiorentina dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra e collocati nella Casa del mutilato, edificata negli anni ’30 del ‘900 in piazza Brunelleschi, presso l’ex Monastero di Santa Maria degli Angeli. Nel verbale di “riconsegna” della Soprintendenza si legge: “Sec. XV, Madonna col Bambino, Affresco, cm. 100×70; “Sec. XV, Madonna col Bambino, Sinopia, cm. 100×70”.

Qualche ipotesi sulle origini

Difficile dire dove si trovasse l’affresco in origine. Se pare assai probabile la provenienza dal complesso degli Angiolini, dove è stato rinvenuto, le pessime condizioni (lacune, abrasioni, cadute di colore, l’ampia fenditura centrale) farebbero pensare ad una collocazione all’aperto. I restauratori, come già detto, sulla base del supporto murario hanno suggerito la provenienza da un ex tabernacolo. Ma se l’opera è davvero del XV secolo, come in effetti appare,  la si deve supporre antecedente alla fondazione del convento, avvenuta ai primi del ‘500. Si potrebbe pensare, pertanto, all’esistenza di un tabernacolo esterno (lungo una via, presso un incrocio o in un orto), successivamente inglobato nella struttura degli Angiolini e forse rimasto all’aperto (ancora alla fine del ‘500 entro le mura del convento rimanevano ampi spazi non edificati). Il tabernacolo, infine, potrebbe essere stato demolito o comunque smontato (preservandone l’affresco) durante una delle numerose ristrutturazioni che, come abbiamo visto, si susseguirono fino all’800.

Pianta di Stefano Bonsignori, 1584-1594, Convento di Santa Maria degli Angiolini
Pianta di Stefano Bonsignori, 1584-1594: Convento di Santa Maria degli Angiolini

Un’attribuzione importante

Come già accennato, prima degli anni 2000 nei documenti della Soprintendenza l’affresco era genericamente riferito al XV secolo. Nel 2005 è stato Miklòs Boskovitz a proporre per primo (verbalmente) l’attribuzione dell’opera a Beato Angelico, collocandone l’esecuzione attorno al 1420-25. Una proposta attributiva condivisa anche da Angelo Tartuferi e da Umberto Baldini, che però riferisce il dipinto ad un periodo successivo, tra la fine degli anni ’20 e gli inizi degli anni ’30 del ‘400. Nel catalogo della mostra fiorentina su Lorenzo Monaco del 2006, dove l’affresco è stato presentato al pubblico per la prima volta, Divo Savelli segue Boskovitz, facendo proprie sia l’attribuzione a Beato Angelico sia la datazione 1420-25, avvicinando l’opera, per lo stile, ad alcuni dipinti  riferibili ai primi anni ‘20, quali la Madonna col Bambino dell’Hermitage, la pala di San Domenico di Fiesole, la Madonna col Bambino e angeli di Francoforte, alcune miniature di San Marco e l’Annunciazione di Madrid.

 

Suggestive consonanze angelichiane

Ci sono alcuni dipinti dell’Angelico (o a lui attribuiti) in cui le figure della Madonna e del Bambino sembrano particolarmente vicine a quelle del nostro affresco, soprattutto per il modo in cui viene rappresentata la relazione, fisica e affettiva, fra madre e figlio, in braccio a lei. C’è un piccolo dettaglio, in particolare, che le accomuna, ovvero la manina del Bambino vicina al collo della Vergine o, addirittura, che lo tocca (come avviene nel dipinto della Casa del mutilato). Al di là dello stile e della datazione, appare una suggestiva consonanza:

Affresco della Casa del mutilato
Il nostro affresco
Madonna di Pontassieve - dettaglio, Firenze, Galleria degli Uffizi
Madonna di Pontassieve – dettaglio, Firenze, Galleria degli Uffizi
Pala di Bosco ai Frati - dettaglio, Firenze, Museo di San Marco
Pala di Bosco ai Frati – dettaglio, Firenze, Museo di San Marco
Beato Angelico, Madonna della stella (dettaglio), Firenze, Museo di San Marco
Madonna della stella (dettaglio), Firenze, Museo di San Marco
Tabernacolo di Santa Maria Novella con Annunciazione e Adorazione dei Magi - dettaglio, Firenze, Museo di San Marco
Tabernacolo di Santa Maria Novella con Annunciazione e Adorazione dei Magi – dettaglio, Firenze, Museo di San Marco
Madonna col Bambino, Pasadena, Norton Simon Museum
Madonna col Bambino, Pasadena, Norton Simon Museum
Madonna col Bambino, Berna, Kunstmuseum
Madonna col Bambino, Berna, Kunstmuseum

Non è tutt’oro

Se l’attribuzione del nostro affresco a Beato Angelico appare dunque plausibile e sicuramente suggestiva (difficile dire, però, se si tratti del maestro, di un collaboratore o di un epigono), è giusto introdurre anche qualche elemento critico. Si potrebbe dire, ad esempio, che la libertà di movimento del Bambino va forse un po’ oltre la maniera dell’Angelico. Si potrebbe sottolineare, inoltre, quanto sia poco (o per niente) attestato, nei suoi affreschi, l’uso di dipingere aureole in rilevo e incise. Si potrebbe sostenere, infine, che la mano veloce e sommaria, ancorché sicura, con cui è stata eseguita la sinopia, non corrisponde allo stile più attento e accurato di due note sinopie angelichiane (Madonna col Bambino e Santi, lunetta da San Domenico di Cortona; Madonna col Bambino da San Domenico di Fiesole). Ma l’elemento critico di maggiore sostanza, senza dubbio, è di tipo iconografico.

Affresco mutilati - Copia

 

Destra o sinistra? Un dubbio iconografico

E’ un dato oggettivo che, nel soggetto Madonna col Bambino, seguendo la tradizione più attestata, Beato Angelico è solito dipingere la Vergine a sinistra e il Bambino a destra, rispetto a chi guarda. Qui, invece, accade l’opposto: il Bambino sta a sinistra e Maria a destra. Sembrerebbe una differenza casuale o di nessuna importanza. In realtà, non è così.

Come è noto, nella tradizione occidentale di matrice  ebraico-cristiana ciò che sta alla destra è più importante di ciò che sta a sinistra. Ma destra e sinistra si definiscono rispetto ad un “centro”, un fulcro attorno a cui si articola lo spazio (geografico o simbolico). In numerosi passi della Scrittura, Vangeli inclusi, questo “fulcro” è Dio e chi sta alla sua destra riveste un’importanza primaria. Per questo, nel Simbolo degli Apostoli, che sintetizza la fede del primo cristianesimo, Gesù “siede alla destra di Dio Padre onnipotente”. Coerentemente, quando in altri contesti il “centro” diventa Cristo, chi sta alla sua destra ha un ruolo preminente. E questo, nelle rappresentazioni artistiche, porta a precise scelte iconografiche. Ecco perché, è il caso delle Crocifissioni, Maria è quasi sempre alla destra della croce, mentre Giovanni è spesso alla sinistra (e tale divisione diventa anche  simbolica: Maria è la Chiesa, la Nuova Alleanza; Giovanni è la Sinagoga, il Vecchio Testamento).

Analogamente, nel soggetto della Madonna col Bambino il centro simbolico è costituito dal piccolo Gesù, con la Vergine che sta più spesso “alla sua destra”, ovvero a sinistra di chi guarda. Questo è un canone ben noto alla tradizione bizantina e che viene chiaramente recepito, ad esempio, nelle Madonne in Maestà fra Due e Trecento, in cui Maria è ordinariamente alla destra del Bambino (si vedano Cimabue, Duccio, Giotto, Simone Martini, Bernardo Daddi).

Vediamo poi che tale canone si fa più elastico, soprattutto a partire dal ‘400 (ma non mancano esempi precedenti), quando si registra una più marcata libertà di scelta. Caso esemplare è quello dei Della Robbia, nelle cui terrecotte invetriate la posizione del Bambino rispetto a Maria, perdendo ogni significato simbolico, diventa quasi una “sigla” delle produzioni di Luca (secondo il canone: Vergine alla destra del Bambino, ovvero a sinistra per chi guarda) e del nipote Andrea (l’inverso: Maria alla sinistra del Bambino, cioè a destra per lo spettatore).

Luca Della Robbia, Firenze, Museo del Bargello
Luca Della Robbia, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Andrea della Robbia, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Andrea della Robbia, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

La coerenza dell’Angelico

Il confronto fra tutte le opere di Beato Angelico, certe e attribuite, non lascia alcun dubbio: l’Angelico segue il canone simbolico della tradizione, con la Vergine che sta alla destra di Gesù (a sinistra di chi guarda). Con uniformità sorprendente, questo avviene non solo nelle Madonne col Bambino, ma anche negli altri soggetti in cui sono raffigurati sia Maria sia Cristo.

Questa coerenza iconografica, quasi assoluta (le eccezioni sono pochissime), non si può spiegare solo per fedeltà ad una tradizione artistica (nel primo ‘400 si era già liberi di variare). Si tratta, al contrario, di una scelta meditata e consapevole, senz’altro incoraggiata da una conoscenza “vissuta” dei testi sacri e delle mediazioni ecclesiali, teologiche e spirituali. Una precisa scelta iconografica che sarà poi ereditata dai suoi allievi, come Zanobi Strozzi e Benozzo Gozzoli.

Per quanto attiene il soggetto della Madonna col Bambino, in 37 casi su 38 (si conta solo un’eccezione, comunque discutibile) Maria sta rigorosamente alla destra del Bambino, che, in piedi o seduto, appare spesso appoggiato alla gamba sinistra della madre e sostenuto dalla sua mano sinistra, mentre la mano destra è per lo più libera.

Per l’analisi numerica dei diversi soggetti, si rimanda alla pagina dedicata a: Il canone di Beato Angelico e le 4 eccezioni.

Oltre le suggestioni?

Il canone iconografico a cui l’Angelico aderisce con sorprendente precisione e coerenza non si ritrova, tuttavia, nella Madonna della Casa del Mutilato. Qui, infatti, la Vergine è raffigurata alla sinistra del Bambino (a destra per chi guarda). E  non è, come si è visto, un elemento di poco conto. Se, poi, a questo argomento si uniscono i dubbi espressi in precedenza (sul dinamismo del Bambino, sulle aureole in rilievo e sulla sinopia), l’attribuzione alla mano diretta di Beato Angelico, pur sostenuta da illustri studiosi e nonostante suggestive consonanze, non appare più così scontata. Il che non significa sminuire la qualità dell’opera o negarne per forza l’ambito o almeno l’influenza dell’Angelico. Forse, però, bisognerebbe collocarla meglio nel suo contesto. Guardando, magari, alle botteghe specializzate nella decorazione di tabernacoli, tipica tradizione fiorentina. Ma questa, davvero, sarebbe tutta un’altra storia.

Da parte nostra, ci accontentiamo volentieri delle tante suggestioni che questo affresco frammentario, così poco conosciuto, riesce ancora a regalare. Una bella Madonna col Bambino, dipinta nel ‘400 e ritrovata in una Firenze nascosta. Fra Beato Angelico, Angeli e Angiolini.

Alessandro Santini

Un grazie sincero a Carla Taiuti per avere “riscoperto”  l’opera

Affresco mutilati - zoom volti

 

Per saperne di più:

Divo Savelli, La Casa del Mutilato a Firenze e la sua Raccolta d’Arte, Pagnini Editore, Firenze 2008

Divo Savelli, Scheda sull’opera, in Angelo Tartuferi e Daniela Parenti (a cura di), Lorenzo Monaco. Dalla tradizione giottesca al Rinascimento, Giunti, Firenze 2006 (catalogo della mostra svoltasi a Firenze, Galleria dell’Accademia, 9 maggio – 24 settembre 2006)

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