Quando hai abitato per più di trent’anni una casa, prendendotene cura, abbellendola e rendendola accogliente, una volta che sei andato altrove, non è facile ritornarci. Ci passi davanti e provi un tuffo al cuore. Ricordi le gioie e le preoccupazioni che ci hai lasciato dentro. Temi di non riconoscerla più, anche se sai che è inevitabile, perché il passato è passato. Il Museo di San Marco è stato una casa per Magnolia Scudieri, che ha avuto la responsabilità e il privilegio di dirigere per un trentennio. Il suo sguardo è, come sottolinea lei stessa, necessariamente “diacronico”.
Laureata in Storia Medievale e Moderna all’Università di Firenze, autrice di numerose pubblicazioni sul Rinascimento e il Medioevo, erede del magistero scientifico e curatoriale di Giorgio Bonsanti, di cui è stata vice negli anni dal 1982 in poi fino al 1992 in cui ha assunto la direzione del Museo, Magnolia Scudieri ha dedicato alle attività di conservazione e restauro le sue migliori energie, dirigendo l’Ufficio Restauri del Polo Museale Fiorentino fino al pensionamento. Ha iniziato la sua carriera al Ministero dei Beni Culturali lavorando all’Ufficio Restauri della Soprintendenza per il Patrimonio Artistico e Culturale di Firenze e Pistoia, assumendo poi anche l’incarico al Museo di San Marco e quello della tutela del territorio di Fiesole; ha partecipato a numerosi convegni su Beato Angelico e curato moltissime mostre, principalmente presso il Museo di San Marco. Ha collaborato a cataloghi di mostre in Italia e all’estero, anche sulla miniatura del Trecento e Quattrocento, di cui è una specialista. Tra le tante scoperte della sua carriera, la più emozionante è quella del verde originale dei muri della biblioteca di Michelozzo, affiorato durante i restauri del 2000. Sotto il bianco sporco “brunelleschiano”, rivelatosi un falso ottocentesco, il verde “albertiano” ritrovato, ci ha restituito un’ipotesi di Rinascimento fiorentino colorata, magica e astrologica, rispetto a quella austera e razionalista a cui eravamo abituati. Dello stesso anno 2000 è il restauro della Sala Greca, gioiello segreto di San Marco, il cui soffitto policromo ligneo in finto marmo è tornato al suo primigenio splendore. Oltre ad avere curato il restauro di molte Pale d’altare dell’Angelico e delle lunette seicentesche con le storie di Sant’Antonino, Scudieri ha diretto il restauro del Compianto sul Cristo morto di Suor Plautilla Nelli, ricevendo da AWA (Advancing Women Artists), nel 2004, il Premio Nelli come studiosa che ha contribuito alla riscoperta della prima pittrice fiorentina. Schiva e discreta, Magnolia Scudieri non ha mai amato le luci della ribalta mediatica. Antonio Paolucci, che lei definisce “un padre” non solo un maestro, negli anni in cui era soprintendente del Polo Speciale fiorentino, riconobbe in lei «la capacità di unire il rigore scientifico alla simpatia umana». Magnolia, alta, resistente e sempreverde come la pianta che le dà il nome, è la classica funzionaria di Stato d’altri tempi: meticolosa, invariabilmente elegante, cordiale con tutti e sempre a lavoro, anche nel fine settimana.
Dopo Giorgio Bonsanti, prosegue con Magnolia Scudieri – un archivio vivente di memorie – il nostro ciclo di interviste su San Marco.
Dottoressa Scudieri, qual è, secondo lei, la specificità di un museo come San Marco?
La specificità di San Marco è quella di essere prima di tutto un luogo monumentale e, solo in un secondo momento, un museo. Un luogo da conoscere e apprezzare nella sua rara interezza.
Quali sono i suoi punti di forza e quali le criticità?
Il suo punto di forza è quello di essere un luogo d’interesse completo che assomma eccellenze architettoniche e pittoriche accanto a quelle storiche, religiose, culturali in senso più ampio fino a quelle politiche, attraverso i personaggi storici di ogni disciplina che qui hanno vissuto e operato: da Michelozzo, all’Angelico, a Savonarola a Giorgio La Pira, per citarne solo alcuni. Visitare San Marco è un viaggio nella spiritualità fiorentina dal Rinascimento al Novecento.
Le criticità nascono dalla difficoltà di coniugare le necessità di una struttura museale moderna con il rispetto di un edificio antico, storico e con delicatezze strutturali. Basti pensare al superamento delle barriere architettoniche, alla creazione di vie di fuga e di servizi sufficienti e adeguati. Un’altra criticità consiste nella difficoltà di far coesistere la sua fragilità architettonica con le esigenze della mobilità cittadina.
Come si presentava il Museo quando ne ha assunto la direzione?
Il Museo, quando ne ho assunto la direzione, aveva già un validissimo disegno museologico elaborato nel corso degli anni dai direttori precedenti che, tuttavia, in alcune “sezioni”, di cui il museo si compone, era solo abbozzato e necessitava di essere adeguato funzionalmente alle esigenze di sicurezza e fruizione del pubblico e del personale e a quelle di conservazione delle opere.
Quali sono stati gli interventi più significativi o quelli che ricorda con più piacere, da un punto di vista curatoriale, di riordino della collezione, di restauro, di ricerca scientifica nel periodo della sua direzione?
Nel periodo della mia direzione moltissimi sono gli interventi significativi, di svariata tipologia, che ho potuto portare a termine. Fra le innovazioni strutturali, di particolare importanza è stata l’apertura del varco di uscita del Museo separato dall’entrata e il conseguente recupero del giardino conventuale su Via della Dogana e il ritrovamento degli affreschi di inizio Trecento, nell’intercapedine tra il pavimento del terzo dormitorio e le volte sottostanti. Fra gli interventi di riordino vorrei ricordare quello della raccolta delle lapidi di San Pancrazio riunite nel chiostrino dei Silvestrini e quello dei dipinti di fra’ Bartolomeo raccolti in due sale vicine al piano terreno, l’Antica Cucina e la Sala del Lavabo. Un intervento mirato al miglioramento conservativo, espositivo e conoscitivo è quello che ha riguardato il nuovo allestimento dei corali miniati e dei dipinti nella Biblioteca. Qualsiasi intervento a favore di una delle “sezioni” del museo ha avuto la caratteristica di essere onnicomprensivo occupandosi di tutti gli elementi (architettonici, scultorei, pittorici, storici, conservativi) che la componevano.
E’ difficile scegliere un intervento, ma forse ricordo come molto coinvolgente quello nella Biblioteca monumentale con la riscoperta dell’antica coloritura verde, dei profili originali delle arcate, degli affreschi seicenteschi con il ritrovamento e il riposizionamento dei due ottagoni seicenteschi. Altri memorabili sono stati il restauro della Crocifissione dell’Angelico nella Sala Capitolare e quello della Pala di Annalena, sempre dell’Angelico.
C’è qualcosa che avrebbe voluto fare e che per mancanza di risorse e tempo non è riuscita a realizzare?
Avrei voluto trovare una soluzione idonea, a lungo ricercata, per migliorare la fruizione dei dipinti nella Sala dell’Ospizio (ora Sala del Beato Angelico n.d.r) mantenendo inalterata e pienamente leggibile l’architettura di Michelozzo, avrei voluto realizzare il percorso di discesa dal primo piano recuperando gli ampi spazi espositivi della antica terrazza coperta, avrei voluto ampliare l’offerta didattica tecnologica con video, touch-screen etc. per aiutare il visitatore nella conoscenza ravvicinata delle opere e consentirgli immediatamente delle relazioni con il contesto di origine.
Secondo lei è cambiato nel corso degli anni il pubblico di San Marco?
Secondo me il pubblico del Museo non è molto cambiato. Mi pare sempre abbastanza selezionato e particolarmente interessato. Un pubblico informato che sa cosa vuol vedere.
L’indice di gradimento dei visitatori di San Marco è tradizionalmente molto alto, però i numeri non sempre danno l’impressione che sia al centro dei grandi flussi del turismo internazionale. Perché, secondo lei?
E’ un museo particolare, fuori dai percorsi di massa. Penso che si debba incentivare la sua conoscenza senza cercare di stravolgere la sua caratteristica di luogo idoneo per visitatori singoli, piccoli gruppi, amatori. Del resto i suoi spazi e la sua conformazione non sono compatibili con visite di massa.
Come si potrebbe valorizzare ulteriormente la collezione di San Marco?
La collezione di San Marco è un unicum che si stenta a credere non sia abbastanza conosciuto e cercato. Penso che si potrebbe provare o insistere ad attivare una valorizzazione del Museo con programmi culturali molto mirati che aiutino a far conoscere, anche separatamente, tutte le componenti del Museo, con visite, esposizioni, letture tematiche, e ospitando manifestazioni di musica, teatro e danza che esaltino la speciale atmosfera degli spazi conventuali.
Oggi i maggiori musei del mondo utilizzano i social media a fini promozionali e per stabilire un dialogo con il pubblico. Cosa ne pensa?
Tutti i metodi per la diffusione della conoscenza del luogo sono utilizzabili, dipende dal modo con cui vengono applicati.
Se lei potesse scegliere un’opera tra tutte quelle custodite a San Marco, la sua preferita, quale sceglierebbe?
L’affresco con San Domenico in adorazione del Crocifisso del Beato Angelico, nel Chiostro di Sant’Antonino, uno straordinario mix di realismo e di astrazione.

Quale artista della collezione, a parte Beato Angelico, meriterebbe di essere maggiormente valorizzato?
Non credo ci sia un artista da valorizzare di più. E’ tutto l’ambiente da valorizzare in ogni suo elemento come meglio si può perché tutto qui concorre a creare armonia e conoscenza.
Se le venisse data la possibilità di tornare a dirigere il Museo di San Marco e potesse gestire un budget di 1 milione di euro, quali sono gli interventi più urgenti cui si dedicherebbe?
Cercherei di terminare gli interventi strutturali al primo piano e di realizzare il percorso di discesa dal primo piano proponendo un nuovo spazio espositivo.
Bibliografia essenziale di Magnolia Scudieri
Magnolia Scudieri, La miniatura, in AA. VV., La chiesa e il convento di San Marco a Firenze, vol. II, Cassa di Risparmio di Firenze, Firenze 1990, pp. 11-36
Magnolia Scudieri, San Marco, guida completa al museo e alla chiesa, Scala-Becocci, Firenze 1995
Magnolia Scudieri, Giovanna Damiani, Fra Bartolomeo e San Marco, in Fra Bartolomeo e la Scuola di San Marco, a cura di Serena Padovani con la collaborazione di Magnolia Scudieri e Giovanna Damiani, Marsilio, Venezia 1996, pp. 158-159
Savonarola e le sue ‘reliquie’ a San Marco. Itinerario per un percorso savonaroliano nel Museo, a cura di Magnolia Scudieri e Giovanna Rasario, Giunti, Firenze 1998
Magnolia Scudieri, Museo di San Marco. La guida ufficiale, Giunti, Firenze 1999
La Biblioteca di Michelozzo a San Marco tra recupero e scoperta, a cura di Magnolia Scudieri e Giovanna Rasario, Giunti, Firenze 2000
Miniatura del ‘400 a San Marco. Dalle suggestioni avignonesi all’ambiente dell’Angelico, a cura di Magnolia Scudieri e Giovanna Rasario, Giunti, Firenze 2003
Magnolia Scudieri, Gli affreschi dell’Angelico a San Marco, Giunti, Firenze 2004
Fra Giovanni Angelico. Pittore miniatore o miniatore pittore?, a cura di Magnolia Scudieri e Sara Giacomelli, Giunti, Firenze 2007
Magnolia Scudieri, Unità e molteplicità negli affreschi dell’Angelico a San Marco, in Angelicus pictor. Ricerche e interpretazioni sul Beato Angelico, a cura di Alessandro Zuccari, Skira, Milano 2008, pp. 23-34
L’Angelico ritrovato. Studi e ricerche per la Pala di San Marco, a cura di Cristina Acidini e Magnolia Scudieri, Sillabe, Livorno 2008
Magnolia Scudieri, The restoration report of Plautilla Nelli’s Lamentation, in Plautilla Nelli, 1523-1588: the painter-prioress of Renaissance Florence, a cura di Jonathan Nelson, Syracuse University, Firenze 2008, pp. 66-71
Magnolia Scudieri, Il ciclo affrescato nel convento di San Marco a Firenze, in Beato Angelico. L’alba del Rinascimento, a cura di A. Zuccari, G. Morello, G. de Simone, Skira, Milano 2009, pp. 109-123
Il Tabernacolo dei Linaioli del Beato Angelico restaurato. Restituzioni 2011 e A.R.P.A.I. per un capolavoro, a cura di Marco Ciatti e Magnolia Scudieri, Edifir, Firenze 2011
La Crocifissione dell’Angelico a San Marco quarant’anni dopo l’intervento della salvezza. Indagini, restauri, riflessioni, a cura di Magnolia Scudieri, Quaderni dell’Ufficio e Laboratorio Restauri di Firenze Polo Museale della Toscana, n.1, Sillabe, Livorno 2016

