Le “farse devote” di La Pira secondo i tedeschi degli anni ’50: un ritratto inedito e una copertina d’eccezione nel segno di Savonarola e di San Marco

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Esattamente 60 anni fa, il 18 aprile 1956, il noto settimanale tedesco “Der Spiegel” dedicava la copertina all’allora sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Era la prima volta che la copertina, fra le prime a colori, veniva affidata ad un illustratore di fama, l’ucraino-americano Boris Artzybasheff. Il risultato è una stupefacente invenzione grafica, in cui una celebre veduta di Firenze collega simbolicamente, e sorprendentemente, Giorgio La Pira e Girolamo Savonarola.

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Un efficace e curato montaggio riunisce, in un’unica immagine, un magistrale ritratto “fotorealistico” del sindaco La Pira (da una fotografia dell’epoca) e, sullo sfondo, un panorama di Firenze ai tempi del Rinascimento. L’autore riprende, con gusto calligrafico e con qualche piccola variante, la nota veduta di Firenze del Martirio di Savonarola, tavola dipinta da un anonimo artista poco dopo la morte del frate (1498), oggi esposta a Firenze, in una delle celle “del Savonarola”, nel Museo di San Marco.

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Si nota qualche piccola curiosa differenza. Gli angeli in alto, ad esempio, che nella tavola quattrocentesca sorreggono un lungo cartiglio, lontani e contrapposti, qui sono riuniti dalla stessa parte a mostrare lo stemma cittadino, il giglio di Firenze. E se nell’originale erano vestiti dello stesso colore, qui hanno una veste rossa e una verde, che, unite al bianco dello stemma e delle nuvole, pare proprio che ricordino la bandiera nazionale italiana. Sin qui la fantasia dell’artista. Altre piccole varianti, invece, potrebbero derivare da immagini utilizzate per “attualizzare” la veduta. L’”arengario”, lo spazio rialzato antistante Palazzo Vecchio, appare già ampio come al giorno d’oggi e vi si vedono il David di Michelangelo e l’Ercole e Caco del Bandinelli, assenti nel dipinto quattrocentesco (dove appare solo la Giuditta di Donatello). Non solo. Al centro della piazza, appena dietro La Pira, impossibile non notare un bel lampione in ghisa, di quelli in uso ai primi del ‘900, una vera e propria perla “moderna”.

Lampione in Piazza della Signoria agli inizi del '900
Lampione in Piazza della Signoria agli inizi del ‘900

L’autore della copertina è Boris Artzybasheff (1899-1965). Nato in Ucraina, immigrato negli Stati Uniti dopo la rivoluzione sovietica, si afferma come illustratore inventivo e poliedrico, che sviluppa un personale stile surrealista, con macchine e oggetti che assumono spesso bizzarre caratteristiche antropomorfe. Lavora per i periodici più importanti: “Life”, “Fortune” e soprattutto “Time” (per cui realizza oltre 200 copertine dal 1941 al 1965). Noto anche come ritrattista (celebre la copertina di “Time” del 7/05/1945 con Hitler “eliminato”), ha illustrato una cinquantina di libri, fra cui alcuni per bambini e altri di cui è anche autore (il più noto è As I see del 1954). La popolarità di Artzybasheff si deve anche ai suoi lavori di grafica pubblicitaria (per Xerox, Shell, Pan Am, Scotch, Parker e altre note aziende).

Boris Artzybasheff e una delle sue "macchine antropomorfe"
Boris Artzybasheff e una delle sue “macchine antropomorfe”

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La mostra “Die Kunst des Spiegel/The Art of Der Spiegel” (2004), dedicata alla storia delle copertine del settimanale tedesco nato nel 1947, riconosce all’illustrazione di Artzybasheff un ruolo di spartiacque. Con la copertina su La Pira del 18 aprile 1956, infatti, Der Spiegel acquisisce uno stile grafico unico e innovativo nel panorama internazionale (alla pari di “Time” e “Newsweek”), che proseguirà, nel corso dei decenni, grazie alla collaborazione dei migliori illustratori internazionali.

SCHERZI SCIOCCHI DELLA COMPASSIONE. Il cristiano-socialista e sindaco di Firenze Giorgio La Pira
SCHERZI SCIOCCHI DELLA COMPASSIONE. Il cristiano-socialista e sindaco di Firenze Giorgio La Pira

Il collegamento fra Giorgio La Pira e Girolamo Savonarola, evocato dall’immagine di copertina, è pienamente comprensibile solo se si legge il relativo articolo all’interno della rivista: Ein neuer Himmel (Un nuovo Cielo), pp. 28-35, non firmato. Ne offriamo qualche stralcio, tradotto liberamente in italiano, assieme ad alcune fotografie originali (anche le didascalie sono tradotte). Ecco, dunque, un La Pira inedito, visto dalla Germania alla metà degli anni ’50. Un ritratto ironico e stupito, a tratti divertente (nonostante qualche pregiudizio).

Il testo tradotto è in corsivo, i titoli di paragrafo in grassetto sono una nostra aggiunta.

L’amore unica legge dell’economia

Da quasi cinque anni, Giorgio La Pira risiede in Palazzo Vecchio, la sede del municipio di Firenze. In tutto questo tempo, ha fatto tante cose buone. 

Quando è diventato sindaco, La Pira ha ereditato dal suo predecessore comunista (Mario Fabiani) un bilancio in pareggio, che, anno dopo anno, è riuscito a portare in passivo di circa 250 milioni di Marchi tedeschi. La Pira ha costruito in città un nuovo quartiere (l’Isolotto) con appartamenti per i più poveri e bisognosi, ha organizzato concerti gratuiti e alla messa ha fatto distribuire il pane. Ai carcerati ha assegnato un bicchiere di latte al giorno. Ad un assessore comunale che gli faceva notare che i detenuti ricevevano già le proteine necessarie, La Pira rispose: “Cosa mi importa delle proteine, il mio latte è pieno d’amore!”.

Rassicurò alcuni deputati, che erano preoccupati per il bilancio della città, dicendo: “Cristo è il nostro tesoriere e, assieme a Lui, è la Madre di Dio ad occuparsi delle finanze di Firenze.” Un’altra volta disse: “Ma che volete?” L’ “Avere” nei nostri libri contabili non sono debiti. Perché non intendo di pagarli mai…”.

Rimproverò un imprenditore, che si rifiutava di aumentare di dieci lire il salario dei dipendenti, dicendogli: “Se un giorno si troverà davanti al trono di Dio, queste dieci lire le saranno molto utili…”. E quando l’imprenditore replicò che, se si fossero aumentati i salari, lui non sarebbe stato più competitivo, La Pira spiegò con tono da predicatore: “Non c’è nessuna legge economica. Su tutto prevale l’amore per gli uomini…”

La Pira e i poveri di Firenze. Furberia dell'amore.
La Pira e i poveri di Firenze. Furberia dell’amore.

Il “comunista bianco”

Questa singolare logica dell’ideologia dell’amore ha però dei limiti, come dimostra una vicenda per la quale i sostenitori del libero mercato hanno definito La Pira, per denigrarlo, il “comunista bianco”.

Nel novembre 1953, la S.p.A. italiana “Snia Viscosa”, proprietaria dell’azienda metalmeccanica Pignone, a causa del deficit di bilancio chiude la fabbrica e manda a casa circa duemila lavoratori. La Pira interviene nella faccenda con le parole: “Cristo è nella Pignone!”. 

Invita la popolazione a sostenere pubblicamente i lavoratori ed ordina ad un parroco di celebrare una “messa da campo” nella fabbrica occupata. Lui stesso vi prenderà parte. Attraverso i suoi contatti all’interno del partito (la Democrazia Cristiana), La Pira riesce a far acquisire la ditta dall’ENI e a far riaprire la fabbrica.

La vicenda, però, si complica. L’ENI è costretta a ritirare alcuni ordini, precedentemente assegnati a Genova ed a Reggio. Mentre così a Firenze duemila lavoratori sono salvi, i dipendenti delle due aziende interessate devono lasciare le proprie fabbriche.

Il sindaco “all’assalto” delle case sfitte

La Pira compie le cose più bizzarre nelle sue gesta d’amore verso i bisognosi. La preoccupazione principale del sindaco sta nel fatto che, nonostante tutti gli sforzi, ci sono ancora migliaia di famiglie con tanti bambini senza una vera casa. Migliaia di storie raccontano la sua spudoratezza nel recuperare gli alloggi.

Un episodio si è svolto proprio nel gennaio dello scorso anno. Il 26 del mese, davanti alla casa della signora Papalini Fucci in via Boccaccio, comparve il sindaco in compagnia di un fabbro. La casa era in vendita e la signora si era già trasferita a casa del genero. La Pira era andato lì a confiscare la casa per conto dei poveri di Firenze. Avvertita dai vicini, la signora arrivò in tutta fretta, scortata da due avvocati per difendersi “dalla bontà d’animo” del sindaco. Appena in tempo: La Pira e il fabbro, infatti, stavano per forzare la serratura del portone, mentre in strada, allegramente, erano già in attesa i futuri inquilini con tanto di bagagli. Solo l’intervento energico dei due avvocati, che minacciavano la denuncia per violazione di domicilio, convinsero La Pira a desistere dai suoi piani.

Alla fine di maggio dello scorso anno, il conte Balbo di Vinadio, ultimo rampollo di una famiglia aristocratica, ebbe invece minor fortuna. La Pira riuscì a mettere in una casa di sua proprietà dieci famiglie bisognose. Da allora in poi, i proprietari fiorentini di immobili non hanno più osato lasciare i propri alloggi, senza prima avere messo qualcuno di guardia, pronto a difendere i loro beni.

La Pira estese questa sua “attività” anche al vicino comune di Fiesole. Sopra un sidecar, scortato dalla polizia e seguito da uno “sciame” di senzatetto, si reca a Fiesole per occupare una villa. Ma i fiesolani, che serbano rancore ai fiorentini dai tempi dei Romani, respingono gli invasori con i loro agenti municipali. La Pira si giustificò dicendo: “Il mio territorio è molto grande e ho così tanti senzatetto!”.

Il sindaco La Pira. Devote pagliacciate, scherzi da prete (foto utilizzata per l'immagine di copertina)
Il sindaco La Pira. Farse devote, scherzi da prete (foto utilizzata per l’immagine di copertina)

Un ritratto singolare (con qualche pregiudizio)

D’altra parte, La Pira è tutt’altro che un ingenuo sognatore. Anche i suoi peggiori nemici, i grandi industriali di Firenze, non ci credono. Sostengono che queste sue pittoresche gesta “dell’amore verso il prossimo” siano, in realtà, una ben calcolata “farsa devota” e chiamano i suoi inesauribili apologhi sociali “sante barzellette”. Ma questo non significa che i suoi avversari lo disdegnino al pari di un ciarlatano religioso.

La religiosità italiana, infatti, contiene sempre un po’ di scaltrezza pagana. Si agisce e si mercanteggia con Dio e con i santi più familiari, e, così facendo, si attribuisce anche ai celesti “soci in affari” una certa furbizia. “La Pira”, diceva un ecclesiastico romano “forse è un santo e perciò è anche un furbo matricolato. Di uno come lui, che ogni mattina se ne sta un’ora in preghiera, bisogna assolutamente diffidare”.

La Pira è nato in Sicilia, e fino ad oggi, nonostante la sua lunga permanenza a Firenze, è rimasto un siciliano, con un ben dosato pathos siciliano ed un pizzico di scaltrezza avvocatesca. Non c’è descrizione migliore del suo aspetto fisico, di quella che ha dato il Prof. Friedrich Voechting in un recente libro sugli abitanti del sud Italia e dei siciliani (La questione meridionale, 1951): “Questa specie di bassa statura, bruna, di aspetto emaciato, che la scienza antropologica indirizza alla razza mediterranea, nel sud Italia è stata condannata da tempo immemorabile a soggiacere ai più forti, costretta da sempre a subire le vicende della storia”.

Sempre in atteggiamento di protesta (contro lo stato, contro la chiesa, contro la nobiltà ed i ricchi), questa razza mostra un’inestinguibile diffidenza verso tutti e verso tutto quello che viene dall’alto. Di conseguenza, converte i sentimenti in furbizia.

In Giorgio La Pira, è siciliana la scaltrezza, siciliano è anche il suo ondeggiare tra ozio e focosità, accentuata certamente dalla devozione religiosa e da un febbrile zelo missionario. Siciliano, infine, è quel suo modo, apparentemente ingenuo e burlesco, con cui è solito trattare i ricchi, lo stato e persino le più importanti teorie di economia e filosofia politica.

San Francesco con gli uccelli: meravigliosa predilezione...
San Francesco con gli uccelli: meravigliosa predilezione…
...per i poveri, i derelitti e gli uccelli: La Pira
…per i poveri, i derelitti e gli uccelli: La Pira

La vita, San Marco e i domenicani

Nato da genitori poveri, ebbe un’infanzia difficile. Si racconta che abbia lavorato come venditore di sigarette, aiuto ciabattino e commesso in una drogheria. A 18 anni, come dice lui, è stato “toccato dalla grazia”.

Vide davanti a sé due possibilità: entrare in convento o dare testimonianza nel mondo per conto di Dio. Scelse la seconda e, con l’aiuto di sussidi ecclesiastici, cominciò a studiare giurisprudenza. Studiò all’estero, anche a Monaco di Baviera, ma soprattutto a Firenze. Diventò un eccellente giurista. Già a 27 anni, eravamo nel 1931, l’Università di Firenze riconobbe il suo valore assegnandogli la cattedra di diritto romano.

Nonostante questi successi, dentro La Pira bruciava sempre il fuoco religioso. A Firenze, la sua vita assumeva sempre più una forma monastica. Nessuna donna ebbe mai un ruolo nella sua vita.

Fin da subito, dette ai poveri gran parte del suo stipendio da docente universitario. Nel 1937 si trasferì in una angusta cella del convento domenicano di San Marco a Firenze. Abitò qui fino alla guerra. Oggi vive in una piccola stanza di una clinica diretta da un dottore suo amico (la clinica del Prof. Palumbo in via Venezia). Indebolito dagli sforzi eccessivi, il suo fisico ha bisogno di continui controlli medici.

All’ordine domenicano, in ogni caso, si sente sempre legato. I domenicani, nati come ordine mendicante, annoverano il più importante teologo del cattolicesimo medievale: Tommaso d’Aquino. La carità verso gli altri, l’opera di Dio nel mondo, ma anche lo studio dei dogmi e del diritto canonico sono, sin da allora, i doveri dei domenicani.

I sette secoli di azione cristiana ed abilità politica, propri dell’ordine domenicano, hanno plasmato La Pira che, poi, ai tempi di Mussolini, in una rivista da lui fondata (“Princìpi”) cominciò a rielaborare il patrimonio di idee domenicane nell’ottica di un socialismo cristiano.

Una lettera a La Pira scritta da Padre Santilli, famoso domenicano, teologo e giornalista, ci mostra in quale misura La Pira e i domenicani condividano le stesse idee: “La disuguaglianza, tra la grande ricchezza di pochi e la povertà di molti, impone la completa conversione del sistema attuale, economico e sociale. Abbiamo perso la giusta strada. Non ci sono alternative: o la rivoluzione cristiana, o quella comunista. Io scelgo la prima, così come l’hai scelta tu, caro professore”.

In realtà, La Pira vuole più di quanto sembrino significare, a prima vista le bravate della carità verso il prossimo, gli attacchi contro le case sfitte, le manovre ricattatorie nei confronti di imprenditori duri di cuore. Non fa mistero del fatto che lui, in fondo, proprio come il comunismo, vuole la socializzazione dell’industria e del capitale. Naturalmente, le sue “farse devote” sono un modo come un altro di impressionare e scuotere la atrofizzata e medievale società italiana.

Il rogo di Savonarola nella piazza del mercato di Firenze nel 1498 (in realtà Piazza della Signoria, ndr). "Cristo è Re".
Il rogo di Savonarola nella piazza del mercato di Firenze nel 1498 (in realtà Piazza della Signoria, ndr). “Cristo è Re”.

La Pira erede di Savonarola

Di sicuro, non è un caso che il convento domenicano di San Marco, in cui La Pira visse per quindici anni, già una volta abbia visto nascere un riformatore. Come il sindaco di Firenze, nel 1952, si è proclamato salvatore amministrativo delle finanze comunali, così, circa cinquecento anni prima, il frate domenicano Girolamo Savonarola aveva proclamato Cristo Re di Firenze.

La leggenda narra che Savonarola, nell’aprile del 1492, fu chiamato al capezzale del tirannico duca di Firenze, Lorenzo de’ Medici, per ricevere l’ultima confessione del principe-banchiere. Il domenicano, però, avrebbe concesso l’assoluzione ad una sola condizione: che l’illustre peccatore riconsegnasse tutti i beni di cui si era impossessato illegalmente e restituisse a Firenze la libertà politica.

Savonarola, poi, decise di attuare le ultime volontà del principe. Con le sue prediche dal pulpito, fu in grado di raccogliere attorno a sé un partito rivoluzionario, allo scopo di fare della repubblica fiorentina una teocrazia. Riuscì, infatti, a cacciare i Medici dalla città e ad instaurare, per un breve periodo, un regime dove il popolino era ubriaco di religione...

Organizzava bande di prepotenti, che si introducevano nelle case patrizie e rubavano i gioielli alle signore. Diventò famoso per avere ordinato il “falò delle vanità”.

Qualcosa di simile si può dire di La Pira. Il suo odio contro il demone della ricchezza non era così forte come in Savonarola, ma anche in La Pira arde la scintilla della bontà incondizionata e la pericolosa convinzione di essere uno strumento di Dio: “Di fronte ad un problema, prima di tutto chiedo sempre a Dio di trovare una soluzione. Poi, agisco con risolutezza. Perché sono il sindaco? Per dare a tutti la manna!”.

A volte La Pira pensa di essere protagonista in un piano divino mondiale, ed il luogo della sua azione, Firenze, gioca un ruolo fondamentale: “Ci sono tre città che a noi cattolici sono molto care: Roma, Assisi e Firenze. Soprattutto Firenze! Città come queste hanno una precisa vocazione!”. Per La Pira, i conventi contemplativi di Firenze, dopo l’anno Mille, sono il punto di partenza della civilizzazione occidentale: “Dante, Giotto, Michelangelo e tutti i grandi artisti erano strettamente legati ai santi ed ai grandi mistici di Firenze”. E ancora: “Questa importanza eccezionale di Firenze ha certamente influito sul fatto che io abbia deciso di intraprendere qui la mia battaglia…”.

Il frate domenicano Savonarola. Firenze è la città della Provvidenza.
Il frate domenicano Savonarola. Firenze è la città della Provvidenza.

In conclusione, riportiamo (in sintesi) un episodio davvero memorabile, così come raccontato da “Der Spiegel”.

Il convegno dei sindaci e uno “scherzo da prete”

La Pira dimostrò la sua astuzia sulla scena della politica globale il 4 ottobre 1955, giorno di San Francesco, quando, da “sindaco-apostolo” che era, invitò 36 sindaci da tutto il mondo per una conferenza mondiale sulla pace. Arrivarono i sindaci di Parigi, Varsavia, Istanbul, Bombay, Rangun, Gerusalemme, Bonn e Mosca.

All’inizio del convegno, gli riuscì un’autentica monelleria: convinse musulmani, ebrei, induisti e buddisti a partecipare alla santa messa, celebrata dall’ottantenne cardinale Elia Dalla Costa nella basilica di Santa Croce.

La Pira con un sindaco musulmano: chi non getta le reti...
La Pira con un sindaco musulmano: chi non getta le reti…

All’ultimo momento, riuscì a convincere persino gli atei russi, ricordando loro che San Francesco era il patrono della pace nel mondo e che i numerosi cattolici comunisti d’Italia non avrebbero compreso un loro rifiuto a partecipare alla messa. L’ambasciatore russo Alexander Bogomolow, arrivato appositamente da Roma per la conferenza, si lasciò convincere dalla raffinata dialettica del “giurista-monaco” e sedette in prima fila nella basilica. 

La Pira, intanto, aveva escogitato un nuovo piano. Dopo la benedizione, infatti, si avvicinò all’anziano cardinale, si chinò per baciargli l’anello, si rialzò e, con un gesto, invitò l’ambasciatore russo a fare altrettanto. A Bogomolow, l’ambasciatore, e a Jasnow, sindaco di Mosca, non restò altro che fare l’inchino diplomatico di fronte al cardinale.

...non prende pesci: il Cardinale Della Costa, La Pira e il sindaco di Mosca
…non prende pesci: il Cardinale Dalla Costa, La Pira e il sindaco di Mosca

 Il giorno dopo, tutta la stampa italiana riportò l’immagine in cui il cardinale Dalla Costa stringeva la mano del comunista Jasnow. Con tono di rivalsa, i giornali di sinistra dichiararono che la chiesa cattolica si stava aprendo all’idea della “coesistenza”. Il Vaticano, invece, tacque offeso e anche i leader della Democrazia Cristiana si lamentarono di quell’ “apostolo pieno di fantasie”. Al che La Pira rispose, candidamente: “Chi getta le reti pesca pesci di ogni genere, chi non le getta…non pesca niente”.

 Carla Taiuti

Ringrazio Christiane Buechel e Alessandro Santini per il prezioso aiuto

 

Per saperne di più:

“Der Spiegel”, numero 16 del 18 aprile 1956, copertina e articolo: Ein neuer Himmel (Un nuovo Cielo), pp. 28-35, non firmato.

Mostra “Die Kunst des Spiegel/The Art of Der Spiegel” (2004) e relativo catalogo: Die Kunst Des Spiegel/The Art of Der Spiegel: Titel-Illustrationen aus fünf Jahrzehnten/Cover Illustrations over Five Decades, a cura di Stefan Aust e Stefan Keifer, teNeues, 2004.

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2 commenti

  1. Buongiorno, sono la mamma di Valeria, nonché amica di Teresa Natalicchio(amica di Carmelo Argentieri). Sono lieta di far parte di questo blog. Di recente ho avuto modo di visitare il Museo di San Marco e ne sono rimasta “folgorata”, sia per le grandi opere dell’Angelico, sia per la struttura in sè dell’antico monastero trasformato genialmente in Museo.

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  2. Paola Beritelli 14/06/2016
    Come molti della mia generazione, che non hanno veramente vissuto il periodo in cui La Pira era sindaco,si tratta di una figura ricordata spesso,magari a sproposito,ma un po’misteriosa con la sua ossessione per il cattolicesimo la lotta alla povertà per la pace e la politica.Questo articolo ne da un’immagine un po’ironica piena di sfaccettature ma profonda. Anche interessante il parallelo con Savonarola e l’excursus tra la piazza ai tempi del martirio e quella moderna rappresentata nella bellissima copertina di Der Spiegel

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