Museo di San Marco in TV. Su RaiNews, l’incredibile scoperta di una Resurrezione inedita del Beato Angelico. Tutte le “perle” di un servizio sfortunato.

cella 31

Per la rubrica “AR Frammenti d’Arte“, in onda su RaiNews24 nel fine settimana, sabato 10 e domenica 11 gennaio è andata in onda la puntata dedicata al Museo di San Marco, intitolata La luce misteriosa di Beato Angelico. Che non fosse una giornata fortunata per Costantino D’Orazio, storico dell’arte, saggista e conduttore del programma, è apparso chiaro fin da subito, quando, non appena pronunciate le parole introduttive “Oggi ci troviamo a Firenze, in Piazza della Signoria…uno splendido salotto a cielo aperto”, una bella motocicletta, in zona rigorosamente pedonale, ha attraversato veloce la piazza a pochi metri dietro di lui.

Incurante dell’oscuro presagio, il nostro conduttore evocava coraggiosamente il nome terribile del Savonarola, “monaco domenicano”, spiegando che quella piazza “tra ‘400 e ‘500 è stata il teatro delle sue prediche”. Una frase, tre lievi imprecisioni: 1) teatro delle sue prediche, più che piazza della Signoria, sono state alcune chiese fiorentine, San Lorenzo, San Marco e, soprattutto, il Duomo. 2) Savonarola, in quanto domenicano, non è un “monaco”, ma un “frate”, come tutti gli appartenenti agli ordini mendicanti (domenicani, francescani, carmelitani ecc.). 3) Savonarola muore nel 1498. Come si fa a dire che ha predicato fra ‘400 e ‘500?

Esecuzione_di_SavonarolaFra Bartolomeo, Ritratto di Girolamo Savonarola, 1498, Museo di San Marco, Firenze

Giunto all’interno del Museo di San Marco e salito al dormitorio, il nostro D’Orazio, dopo avere ben parlato dell’Annunciazione dell’Angelico, spiega: “Questo è l’inizio del percorso spirituale che conduce all’interno della cella di Girolamo Savonarola”. Per l’esattezza, Savonarola, in quanto priore, aveva due celle, non una (“cellulas”, al plurale, recita infatti l’iscrizione latina opportunamente inquadrata dall’erudito cameraman), ma della seconda cella, che era poi la camera, non si fa cenno. Continua D’Orazio: “All’interno di questa piccola cella, a questo studio di legno e su questa sedia, che ancora noi oggi chiamiamo “Savonarola” (dove siede, un po’ smargiasso, il conduttore), il monaco elaborò le sue profezie…”. Ora, a parte la nota questione del “monaco” che era un “frate”, spacciare per originali un banco-vetrina dell’800 e una sedia moderna presa in prestito dal corridoio adiacente pare un tantino azzardato. Eppure, la cosiddetta “sedia del Savonarola”, quella vera secondo la tradizione, è proprio lì accanto, in un angolo della stessa stanza, non inquadrata. E non sarebbe stata cattiva divulgazione dire che quel banco da studio è in realtà una riproduzione ottocentesca, peraltro ben riuscita, realizzata quando è nato il museo. Ma tant’è. La narrazione su Savonarola si conclude con un riferimento al rogo di piazza della Signoria, “dove lui aveva messo in scena le sue prediche” (cosa che, come già detto, non è esatta). A seguire, una piccola bugia storiografica: “La sua spiritualità verrà cancellata in città” (va bene drammatizzare a fosche tinte, ma la realtà è che, all’opposto, il movimento savonaroliano prende vigore, come dimostrano la scuola pittorica di San Marco, la diffusione delle sue prediche e lo sviluppo del suo culto). Infine, un memorabile strafalcione: “Di quella spiritualità (di Savonarola) rimane soltanto traccia negli affreschi di Beato Angelico all’interno delle celle di questo convento”. Niente panico, avete letto bene. Gli affreschi dell’Angelico, realizzati dieci anni prima della nascita di Savonarola, sarebbero, magicamente, le uniche tracce rimaste della spiritualità savonaroliana. Quando muore Beato Angelico, nel 1455, Savonarola ha poco più di due anni. Improbabile che il piccolo Girolamo ferrarese abbia potuto avere un così grande ascendente sul frate pittore fiorentino.

studio Savonarola Sedia Savonarola Iscrizione Savonarola

Lungo il corridoio Est del dormitorio, D’Orazio descrive l’affresco angelichiano chiamato la Madonna delle ombre, con “l’incontro mistico di Gesù Bambino, la Vergine e i Santi domenicani, come San Domenico e San Pietro Martire”. Peccato che, alle parole “come San Domenico”, l’operatore, forse confuso fra tanti santi, inquadri invece San Marco Evangelista (con buona pace di Domenico, che se ne sta un po’ più a sinistra, purtroppo fuori campo).

Madonna delle ombre dettaglio

D’Orazio, poi, sceglie di raccontare la cella 26, con Cristo che si erge dal Sepolcro, fra i simboli della Passione. Si cita esplicitamente la “flagellazione di Cristo”, ma non si inquadra la colonna, simbolo della flagellazione, bensì il Cristo bendato e deriso, con le mani che lo schiaffeggiano. Peccato veniale, d’accordo. Proseguendo, si entra nella cella 5, che viene chiamata “cappella”: “In questa cappella va in scena la Natività”. Forse troppa fretta. O troppe celle. O troppo simili a cappelle.

cella 26 dettaglio

Arriviamo così al momento topico, l’apoteosi della buona divulgazione. Siamo nella cella 31 del corridoio Nord. Con tono stupefatto, si annuncia la mirabolante scoperta: “La straordinaria fantasia di Beato Angelico lo spinge ad inventare una Resurrezione assolutamente inedita. Vediamo Dio Padre che trascina fuori dal sepolcro Cristo, mentre lo attendono San Giovanni Battista, Davide e i Profeti. E il diavolo, rappresentazione del male, è letteralmente schiacciato dalla porta del sepolcro”. Incredibile auditu, roba da non credere!, avrebbero esclamato i Latini. Il noto soggetto della Discesa di Cristo al Limbo, o agli Inferi che dir si voglia, dipinto dall’Angelico anche in un pannello dell’Armadio degli argenti (al pian terreno del museo), si trasforma qui in una “Resurrezione assolutamente inedita”, inventata dalla “straordinaria fantasia” dell’Angelico. Ed ecco che la porta degli Inferi, abbattuta da Cristo, diventa la porta del sepolcro. Adamo, al centro, liberato da Cristo, diventa “Dio Padre che trascina fuori Cristo dal sepolcro”. San Giovanni Battista e gli altri che aspettano, dopo Adamo, di essere liberati da Cristo, sono descritti già liberi e belli, al seguito di Dio Padre, in attesa che Cristo si unisca a loro. Un totale ribaltamento del soggetto, questo sì “assolutamente inedito”. La “straordinaria fantasia”, più che essere dell’Angelico, ci pare quella dell’istrionico conduttore.

cella 31 dettaglio 2

 cella 31 cella 31 dettaglio

 In conclusione, si giunge dove, ogni tanto, era ospitato Cosimo il Vecchio de’ Medici, “l’unica cella costituita da due ambienti” (veramente, ci sono anche le due celle di Savonarola, ma la seconda cella, come si è visto, è stata dimenticata). D’Orazio illustra l’affresco dell’anticamera, una Crocifissione con la Vergine e Santi : “Dalle ferite del Crocifisso sgorga sangue che inonda addirittura un teschio, che si trova proprio alla base della croce. Un dettaglio macabro”. “Addirittura un teschio”, sottolinea D’Orazio, come per evidenziare, al pari dell’inedita Resurrezione della cella 31, la stravaganza del soggetto. “Un dettaglio macabro”, chiosa sicuro. Ma, ahinoi, è un’altra “perla”. Altro che macabro dettaglio (non siamo mica nel Seicento barocco!). Il teschio alla base della croce di Cristo è elemento assolutamente usuale e tipico del soggetto della Crocifissione (solo a San Marco, chiesa esclusa, se ne contano una decina). Nessuna stravaganza. Il teschio, come è noto, oltre a ricordare dove Cristo fu crocifisso (Golgota o Calvario, ovvero il luogo “del cranio”), indica il “teschio di Adamo”. Secondo la tradizione, infatti, la croce di Gesù (simbolicamente il nuovo Adamo) sarebbe stata issata proprio sulla tomba del progenitore, lo stesso Adamo della cella 31, liberato da Cristo e lì scambiato per Dio Padre. Evidentemente, fra Adamo e D’Orazio ci deve essere qualche incomprensione.

cella di Cosimo dettaglio

 Dopo sei minuti e mezzo, termina il servizio di RaiNews24. Un concentrato di belle immagini, buona musica di sottofondo, qualche imprecisione, una “bufala” colossale e tanta, troppa improvvisazione. Se è vero che il lavoro in TV impone ritmi frenetici che non consentono di approfondire a sufficienza gli argomenti, perché, allora, non farsi accompagnare da qualcuno del museo? O magari partecipare ad una visita guidata (ve ne sono, gratuite, tutti i giorni)? Basta un po’ di onestà professionale. E di serietà.

Tra il serio e il faceto, arrivederci alla prossima puntata.

Alessandro Santini

cella di Cosimo

 

Per saperne di più:

– Per vedere il servizio sul Museo di San Marco, sul sito di Rainews: clicca qui

– Pagina Facebook della rubrica AR Frammenti d’Arte: clicca qui

– Blog di Costantino D’Orazio (Tutti i segreti dell’arte che vorresti sapere ma non hai mai osato chiedere) : clicca qui

– Di Costantino D’Orazio, si segnalano: Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti d’Italia, Palombi Editori, 2011; Caravaggio segreto, Sperling & Kupfer, 2013; Leonardo segreto, Sperling & Kupfer, 2014.

– Per le visite guidate gratuite al Museo di San Marco: clicca qui

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