Nel paese, ove lieto l’ippogrifo chiama
Il leone alato per trastullarsi nell’azzurro,
Ove la notte libera dalla sua manica
Ninfe di cristallo e furie coronate;
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Nel paese, ove silenziosi sono i sepolcri dei morti,
Ma dove vivono la loro volontà, potenza e forza,
Fra molti celebri maestri,
Ah, uno solo il cuore ha amato.
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Sia pur grande il celeste Raffaello,
Prediletto dal dio delle rocce, il Buonarroti,
Da Vinci, che assaporò l’ebbrezza della magia,
Cellini, che porse al bronzo il segreto della carne.
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Ma Raffaello non scalda, acceca,
Di Buonarroti atterrisce la perfezione,
E l’ebbrezza di Da Vinci eccita l’anima,
Quell’anima, che credeva nella beatitudine.
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A Fiesole, tra esili pioppi,
Quando ardono i papaveri nell’erba verde,
E nelle profondità delle chiese gotiche,
Dove i martiri riposano in un fresco santuario.
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Sull’opera del mio maestro, il sigillo
Di un amore terreno e di un’umile semplicità.
Oh sì, non era capace di disegnare tutto,
Ma quello che ha dipinto era perfetto.
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Qui ci sono rocce, boschetti, un cavaliere a cavallo –
Dove si reca, in chiesa o dall’amata?
L’alba brucia sulle mura della città,
Ci sono greggi per le vie dei sobborghi;
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Maria sorregge il Figlio
Riccioluto e con un nobile rossore,
Bambini come questo la notte di Natale
Forse abitano i sogni di donne sterili;
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Così i Santi legati non temono
Il carnefice, in una tunica blu,
Si sentono protetti da aureole dorate:
Qui c’è una luce, là – altre luci.
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E i colori, sono colori luminosi e tersi,
Sono nati con lui e in lui si sono estinti.
C’è una leggenda: ha sciolto le tinte
In olio consacrato dai vescovi.
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E c’è un’altra leggenda: un serafino
Gli volò appresso, sorridente e fulgido,
E presi i pennelli gareggiò con lui
Nella sua arte meravigliosa… ma invano.
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C’è un Dio, c’è un mondo, essi vivono per sempre,
Mentre la vita delle persone scorre effimera e penosa,
Ma tutto in sé racchiude colui,
Che ama il mondo e crede in Dio.
Nikolaj Gumilëv
